sabato 8 luglio 2017

Roma, my love.


Mi sento immensamente fortunata a vivere a Roma, senza dubbio la città più bella del mondo. 
Complicata, caotica, decadente, a volte provinciale e dove niente funziona a dovere, ma sempre seducente come non mai. 
Si può passare per le milionesima volta davanti a certi luoghi eppure continuare a meravigliarsi. 
Come si fa a non sussultare davanti alle rive del Tevere viste dall'alto, a certi scorci che ti spalancano davanti all'improvviso, al Teatro Adriano sfumato di rosa al tramonto? Come si fa a non desiderare di perdersi in certe viuzze del centro e a non fantasticare sulla vita che scorre dentro a certi palazzi? E che dire della vitalità che emanano certe mura, ciottoli, stradine, del suono dei passi che rimbomba e sembra una promessa? E poi il verde, i parchi, i maestosi pini marittimi, le siepi ricche di fiori e sì, anche quella romanità che tante volte odiamo, ma che alla fine costituisce parte di quell'essenza - inimitabile e sfuggente a ogni definizione - che è Roma. 
Ogni quartiere ha una sua identità e ti fa capire meglio quella complessa di Roma; a volte in totale contraddizione con quello che pensavi di aver capito fino a quel momento. 
Dicono che Roma non cambi mai, che non si sa evolvere. 
Eppure non deve essere facile riuscire a restare fedeli a se stessi, mantenendo la propria autenticità, nonostante amministrazioni sbagliate, corruzione, tangenti, soldi spesi male, progetti abbandonati a se stessi e, sopra a ogni cosa, la mancanza di rispetto di alcuni cittadini e anche dei turisti; sì, dei turisti, che nelle città in cui vivono sono tutti bravi ed educati, ma poi vengono qua e pensano di trovarsi in un parco giochi, spesso incapaci di comprendere il valore delle antichità, il senso della storia - che poi è il senso della vita che scorre e dell'effimero e del valore di ogni cosa proprio perché effimera - e insozzano angoli preziosi gettando cartacce, lasciando lattine di birre sugli usci della case, immergendo i piedi sudati nelle fontane storiche e offendendo la vista - e la morale - facendosi portare a spasso sulle botticelle trainate dai cavalli e pensano di capire Roma attraverso un cliché abbuffandosi di spaghetti e gelati. 
Ecco, nonostante tutto, Roma è rimasta Roma e mi sono resa conto che questo, lungi dall'essere un difetto, è proprio uno dei suoi tanti pregi. O forse pur sempre un difetto che si finisce per amare perché unico e inconfondibile.
Uscite in queste serate estive, perdetevi nelle sue strade e ogni tanto alzate gli occhi al cielo per cogliere i particolari di certi palazzi, dei resti delle antichità, per afferrare con l'occhio nuovi scorci prospettici. Non è sempre facile amare Roma, non nella vita di tutti i giorni travolti dal caos, dalla fretta, dall'abitudine che appanna ogni cosa, ma concedetevi il lusso di dedicarle almeno mezza giornata a settimana per viverla come se fosse la prima volta che la vedete. Andate nei parchi, sull'Appia antica, nel quartiere Monti, Garbatella, Coppedé, San Lorenzo, nelle viuzze del centro, a via Margutta, a Castel Sant'Angelo, al museo Barberini, alla Galleria Borghese e poi lungo il Tevere e ovunque l'istinto e la curiosità vi spinga. 
Fate anche uno di quei tour organizzati, ce ne sono alcuni molto carini e a tema che un po' vi spiegano le opere architettoniche e un po' la storia politica del periodo in cui sono state costruite e anche il clima culturale e sociale che vi si respirava. 
Roma è piena, ha mille anime, a volte è kitsch, a volte onirica, a volte maestosa, a volte nostalgica e triste, ma sempre e comunque accogliente.

Nella foto, di Andrea Festa, il Foro Romano in una fredda giornata invernale.

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