lunedì 24 luglio 2017

The War - Il pianeta delle scimmie



Attenzione: contiene spoiler.

"The War - Il pianeta delle scimmie" è una grandiosa conclusione della trilogia che vede come protagonista Cesare, lo scimpanzé divenuto intelligente al pari degli umani dopo un esperimento di laboratorio.
Il prologo - che poi costituisce la trama del primo della saga (ne avevo parlato qui) -  costituisce in parte il suo limite, ma fa anche da serbatoio per avviare una serie di riflessioni sul nostro rapporto con gli animali e per una visione decisamente critica dell'antropocentrismo. 
Il suo limite perché l'intelligenza di Cesare è riconosciuta tale solo dopo che si avvicina a quella degli umani e inizia a parlare facendo del Logos la misura di tutte le cose, concetto che però viene finalmente ribaltato nell'ultimo episodio. 
L'umanità si sta estinguendo, umani e scimmie sono in guerra per la sopravvivenza delle rispettive specie - una guerra non voluta da Cesare, che avrebbe voluto vivere in pace con i suoi simili, ma da Kobo, il co-protagonista del secondo episodio, assetato di vendetta poiché incapace di perdonare ciò che gli uomini hanno fatto. 
Questa volta è il pacifismo di Cesare a vacillare, dopo che gli umani hanno ucciso uno dei suoi figli e  la sua compagna, così, dopo aver indirizzato la sua gente verso una possibile nuova terra da abitare al riparo dagli umani, parte alla ricerca del Colonnello che sta dirigendo la guerra contro le scimmie.
Inizia così una sorta di percorso a tappe verso l'inferno - ossia verso il punto più buio della follia umana - che riecheggia esplicitamente - il viaggio di Willard alla ricerca del colonnello Kurtz in Apocalypse Now. L'omaggio diretto al capolavoro di Coppola è evidente sin dalle primissime inquadrature e atmosfere del campo del colonnello: le scimmie che lui aveva lasciato in viaggio sono state catturate, fatte prigioniere e ora usate come schiave per costruire un muro che possa separare e proteggere gli umani dall'arrivo degli altri umani con cui sono in lotta a causa di un virus che fa perdere la parola e riconduce l'umanità a uno stadio primigenio, prima del logos e del pensiero astratto. In poche parole, prima della cultura che ci ha resi gli animali più dominanti e distruttivi del pianeta. 
Anche Cesare viene catturato, ma grazie all'aiuto di un gruppetto dei suoi che l'hanno seguito per aiutarlo e soprattutto grazie all'aiuto di una bambina che ha contratto il virus - e che quindi non parla, ma impara a comunicare con le scimmie tramite il linguaggio dei segni, diventando così una di loro - riescono ad avere la meglio.
L'umanità - almeno quella che conosciamo - ormai non esiste più, rimangono solo le scimmie e la bimba, soprannominata Nova, la prima di una nuova specie che ha perso il Logos, ma ci ha guadagnato in empatia, solidarietà, potremmo dire in umanità, se l'umanità fosse ciò che ci contraddistinguesse per la capacità di vivere in pace e armonia e non per quella di dominare a sopraffare le altre specie animali.
Alcune considerazioni: pur in un film esplicitamente animalista come questo e quindi critico nei confronti dell'antropocentrismo, non ci si riesce del tutto ad affrancare dallo specismo di cui è intrisa la nostra cultura; ho già detto del limite concettuale dell'intelligenza di Cesare che si libera e libera la sua gente solo dopo che è diventato simile agli umani grazie a un esperimento (e, volendo andare oltre nella lettura, ci si potrebbe anche vedere un vago rinforzo positivo della sperimentazione sugli animali), ma per di più queste scimmie intelligenti che parlano hanno imparato a domare e cavalcare. Usare i cavalli come mezzo di trasporto evidentemente non costituisce alcun problema per lo sceneggiatore e il regista, abituati come sono, da lungo tempo, a considerare normale che lo si faccia.
Invece stona, e parecchio, l'indole pacifista delle scimmie mentre tengono in mano le redini di animali che vorrebbero e dovrebbero essere liberi come loro.
A parte questo però il messaggio del film è chiaro e alla fine vien quasi da applaudire quando gli ultimi residui di un'umanità ormai arrivata all'ultima tappa della propria follia viene spazzata via da una slavina mentre Cesare e le sue genti sono in salvo sulle cime degli alberi più forti e più alti.
Ora il pianeta terra appartiene alle scimmie e a Nova, la prima di una nuova specie di umani che, senza comprendere l'importanza del suo ruolo nell'evoluzione, gioca felice con i cuccioli di scimpanzé. 
Solo noi infatti pensiamo di essere giunti al gradino più alto dell'umanità, mentre in realtà potremmo essere giunti già alla fine del nostro viaggio, all'ultima tappa, quella in "Heart of Darkness" dal quale non c'è ritorno. 

Ho molto apprezzato anche la colonna sonora e la delicatezza con cui il regista, Matt Reeves (che aveva già diretto il secondo della saga),  si affida alle immagini, più che ai dialoghi, tipico di un cinema senz'altro più europeo o comunque autoriale e meno hollywoodiano. I tempi infatti sono più lenti rispetto al classico action movie, pur non mancando scene adrenaliniche e un uso attualissimo della computer grafica.

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