giovedì 1 aprile 2021

Figlia del cuore di Rita Charbonnier

 

Ayodele è una bambina di otto anni che trascorre i pomeriggi a mangiare patatine davanti alla tv insieme al fratellino Obani. 

Da vicino potrebbe sembrare una delle tante storie di genitori assenti che trascurano i figli, ma se proviamo ad allargare l'inquadratura come se fossimo dotati di una telecamera immaginaria, apprendiamo altri particolari. Ayodele e Obani non vivono in una casa qualsiasi, ma in una stanza di un Istituto di suore. La mamma non ce l'hanno più e il papà è effettivamente un padre assente che si fa vedere solo la sera. 

Ayodele però è felice così, per lei quelle mura, quelle patatine, quello schermo che la rapisce e la vicinanza del fratellino rappresentano quanto di più simile a una casa e a una famiglia possa esserci.

Un giorno però le viene presentata una donna che si chiama Sara, una donna piccina, minuta e dalla pelle quasi diafana che immediatamente verrà soprannominata "la marziana". Mai soprannome avrebbe potuto essere più indicato perché la donna la porta effettivamente in un pianeta sconosciuto dove vigono regole stranissime e rigide. Un posto in cui la televisione si guarda al massimo per mezz'ora, ci si lava i denti tutte le sere, a tavola si apparecchia con ben otto oggetti diversi per ogni persona presente e soprattutto si deve faticare tantissimo per apprendere una nuova lingua, che è la lingua che parlano le famiglie vere, quelle che da "cerchio diventano un cuore". 

Ancora una volta Rita Charbonnier ci racconta una storia di donne immerse nella Storia alle prese con le dinamiche, problematiche e conflitti della loro epoca. L'epoca però stavolta non è quella del ventennio fascista (Le due vite di Elsa), non è il settecento (La sorella di Mozart) e nemmeno l'ottocento (La strana giornata di Alexandre Dumas), bensì quella attuale. Una storia che nel sottotesto affronta tante questioni attuali, integrazione, immigrazione, tratta delle ragazze nigeriane, ma che soprattutto affronta il tema della famiglia, ossia dei tanti modi in cui si può formare e definire una famiglia, i diversi modi in cui si può essere madri e figli. Ayodele scoprirà così che esistono figli di pancia e figli del cuore e che si possono avere non soltanto una madre e nemmeno due, ma anche addirittura tre (tre come i capitoli in cui è suddiviso il libro, Uno, la base di ogni cosa, due, Il minimo indispensabile, e tre, La cosiddetta perfezione). 

La storia è narrata dal punto di vista di Ayodele, che è quindi protagonista e io narrante, ed è una storia vera, anche se l'autrice dichiara di aver aggiunto o modificato alcuni particolari, nonché cambiato i nomi per esigenze drammaturgiche e, immagino, di privacy. Come nei precedenti romanzi, Rita Charbonnier presta molta attenzione al registro linguistico e narrativo. Ayodele è una bambina che soffre di disturbi dell'attenzione e che fa fatica ad apprendere, non sa leggere e si rifiuta di parlare. 

Il linguaggio e i termini scelti nel libro sono quelli di un'adolescente che racconta la sua storia, da quel fatidico giorno, esattamente tremilasettecentosettanta giorni prima (la precisione numerica non è un particolare irrilevante, ma anche i numeri a un certo punto possono diventare altro e la maturità non è soltanto un fatto anagrafico), in cui conobbe Sara la marziana ed ebbe inizio quel percorso che la porterà da "diamante grezzo" a brillare il tutto il suo splendore. In mezzo le tante avversità e paure che Ayodele e Sara dovranno affrontare, tra cui quella della legge che non consente alle donne single di adottare bambini. In parallelo al percorso della ragazzina, si racconta anche quello del fratello e ci saranno presentati vari personaggi, tra cui, memorabile, quello di nonna Angela, madre di Sara, capace di entrare in sintonia con Ayodele come pochi altri: "Ma quello sguardo tra di noi è stato come quando fai pace anche se non hai litigato, come quando dentro di te si libera qualcosa che era imprigionato, e si mescola con qualcosa che era imprigionato dentro l'altra persona e si è liberato."

"Figlia del cuore", edito da Marcos y Marcos, è un romanzo di buoni sentimenti, volutamente, nel senso che anche quando si parla di tragedie e drammi, che sono ovviamente presenti, visti i temi trattati, lo si fa con la massima delicatezza e con enorme rispetto delle persone coinvolte. È una di quelle storie che ci fa bene leggere - e che non si riesce a metter via finché non si arriva alla fine - perché fa bene sapere che al mondo esistono persone che si impegnano a far andare le cose nel migliore dei modi possibili, anche se il mondo non è affatto il migliore dei possibili e nonostante si abbia a che fare con individui segnati da ferite che sembrano insanabili.

Una storia commovente perché vera e vera non soltanto perché basata appunto su una storia vera, ma perché narrata con sincerità.

Cosa si può chiedere alla scrittura, alla letteratura, se non, in primo luogo, la sincerità?

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