domenica 27 febbraio 2011

Olocausto invisibile (IV)

Come ho scritto nel post precedente sono tante le obiezioni che vengono rivolte a noi animalisti ed alcune meritano di essere prese in considerazione più di altre; ora, in particolare, vorrei rivolgermi a tutte quelle persone che sono sensibili alla sofferenza animale, che si dispiacciono e provano rabbia per questo mondo che considera gli animali al pari di oggetti e che però restano convinti che sia inutile combattere contro un sistema così complesso e apparentemente inattaccabile o che anche, pur nella condivisione di determinate riflessioni, scelgono la “passività”. Non avete idea di quante volte ho sentito dire:”sì, hai ragione, mangiare gli animali è una cosa sbagliata, orribile ma... “, e a seguire tutta una serie di giustificazioni e rimandi, e scuse, e pretesti.
Queste persone pensano anche che nel nostro vivere quotidiano ci sia così tanto sfruttamento animale che se anche si smettesse di mangiare la carne o il pesce non cambierebbe nulla; una volta qualcuno mi disse: “e come la metti con tutti quei prodotti di uso molto comune in cui, anche senza che siano indicate direttamente, vengono utilizzate parti di animali? Ad esempio, ti sei mai chiesta perché i fogli di alluminio si separino così facilmente dal rullo?”. Ecco, no, a dire il vero questa non la sapevo. Non sapevo che anche i fogli di alluminio contenessero parti animali. Ma comunque la cosa non mi stupì più di tanto perché sono a conoscenza di un’infinità di prodotti apparentemente “innocenti” che invece contengono parti animali. Purtroppo.
Ora però la mia considerazione è questa. Da qualche parte bisogna pur cominciare. E, come mi ebbe a dire una volta anche Tom Regan - uno dei più grandi e noti sostenitori dei diritti animali, filosofo di fama mondiale, autore di molti saggi sull’argomento, e personalmente mi sento di aggiungere, persona meravigliosa  - lo sfruttamento degli animali è diffuso a livello talmente capillare nella società odierna per cui è facile scoraggiarsi, lasciarsi andare allo sconforto e alla rassegnazione e prendere come pretesto per non agire delle situazioni così estreme e particolari da far perdere di vista il nocciolo della questione;  ma il fatto è che esiste “un centro della ragnatela”  ed è sostanzialmente da lì che bisogna partire, senza perderne di vista il fulcro, senza lasciarsi distrarre da considerazioni che, sebbene non meno cogenti, sarà bene affrontare in un secondo tempo o si risolveranno da sole, in maniera naturale e spontanea perché diretta conseguenza di altre pratiche più diffuse.
Questo “centro della ragnatela” è dato dagli allevamenti intensivi e in genere dall’uccisione di animali per utilizzarne la carne, dalla vivisezione (che include un grandissimo numero di pratiche, sia volte a sperimentare farmaci che prodotti per l’igiene personale, della casa, cosmetici ecc.) dagli allevamenti per pellicce e pellami vari (pellami di animali che “tradizionalmente” non si mangiano e che quindi vengono uccisi esclusivamente per prelevarne la pelle... io trovo mostruoso anche solo scriverla questa cosa...), dall'ignobile “passatempo” della caccia. E questo non perché altri tipi di sfruttamento siano meno nefasti ma perché sono comunque diretta conseguenza di un atteggiamento principale volto a considerare gli animali solo come “risorse rinnovabili”. Se si abbattesse questo centro della ragnatela, se la smettessimo di considerare tutte le meravigliose creature del mondo animale come semplici oggetti messi a disposizione per noi (per il nostro piacere, per il nostro palato, per i nostri usi e consumi) ma per quello che realmente sono, e cioè esseri viventi con tutto il diritto di vivere la loro esistenza sul pianeta terra, allora questo nostro sguardo “altro” darebbe il via ad una rivoluzione di pensiero a 360° e di conseguenza tante altre pratiche e produzioni verrebbero smesse.
Ricordo che le alternative NON animali sono infinite. In ogni settore. La vivisezione ad esempio non serve a NULLA. Ed è comunque una cosa mostruosa. E la si deve considerare sotto il profilo utilitaristico (è inutile e persino controproducente perché i dati ottenuti sono fallaci a causa della diversità genetica e delle condizioni coatte e di stress in cui vengono tenuti gli animali), ma soprattutto etico: vivisezionereste vostro padre, vostro figlio, un vostro amico? E allora perché ritenete giusto farlo sulla pelle di un vostro simile, che soffre e prova dolore esattamente come voi (gli animali sono dotati di un sistema nervoso centrale esattamente come noi!)? C’è tanta di quella documentazione in proposito... un sito su tutti: quello della LAV, che offre una documentazione medico-scientifica e una bibliografia ricchissima ad attestare l’inutilità della vivisezione).
E’ vero che se anche tu, tu che stai leggendo (a meno che non lo abbia fatto già) smettessi di mangiare la carne continuerebbero comunque ad esistere chissà per quanto altro tempo gli orrori degli allevamenti degli orsi a cui si estrae la bile (una delle pratiche più disumane e spietate che abbia mai sentito!), è vero che ancora sarà permessa la caccia alle foche (iniziata in questo periodo nel “civile” Canada...), e tutta un’altra serie di mostruosità ma intanto facciamo qualcosa, partiamo da qualcosa, un qualcosa che, ripeto, si trova proprio al centro di quella ragnatela che bisogna distruggere.
Perché insisto tanto sulla scelta vegetariana - meglio ancora sarebbe vegana -  piuttosto che su altri aspetti della questione animalista? Perché la crudeltà ed orrore di alcune pratiche è ormai evidente e riconosciuto come tale anche da chi fatica ad abbracciare la filosofia animalista in toto; chiunque - a meno che non abbia una seria carenza del senso dell’empatia o che non sia una persona affetta da determinate gravi patologie di natura psichica - non farà fatica a riconoscere come ingiuste e mostruose la caccia alle foche, alle balene, l’abbandono degli animali, il maltrattamento, la fabbrica della bile, gli allevamenti per pellicce dove creature dagli occhi dolci e disperati vengono scuoiate vive e sottoposte ai più crudeli trattamenti, o anche la mostruosità ed inutilità di iniziative ridicole (ma purtroppo non prive di sofferenza per gli animali che vi sono coinvolti) come la corrida, il palio, il combattimento dei cani, dei galli, i circhi ecc.. Sono sicura che tanti sono in grado di provare immenso amore per gli animali d’affezione, e darebbero forse la vita per il loro cane, gatto, furetto, coniglietto ecc.. Ci sono orrori che ormai vengono riconosciuti come tali dalla nostra società (continuano a venire praticati perché il risvolto economico è enorme e il denaro, si sa, soffoca ogni etica, ma inizia comunque ad esserci una reazione sempre più diffusa di sdegno e di avversità). Un grido di indignazione non tarda a levarsi ogni qualvolta la cronaca ci riporta casi di maltrattamento o di pratiche che avvengono in altri paesi e che noi abbiamo provveduto già ad abolire da un pezzo poiché ritenute incivili. Quindi è inutile che io insista su certi orrori. Internet è pieno di “letteratura” in materia, basta avere la voglia di approfondire un minimo.
Quello su cui invece voglio porre l’attenzione - a costo di ripetermi e ripetermi fino alla nausea - è tutto ciò che avviene sotto i nostri occhi quotidianamente ma non è riconosciuto come tale: un olocausto di proporzioni immense. Quello che non appare evidente - che è celato, camuffato, edulcorato, obliato - è l’orrore nascosto dietro il gesto consuetudinario di comprare, cucinare, mangiare carne di esseri che sono stati uccisi apposta per noi, di esseri che sono nati, allevati, cresciuti al solo scopo di finire bolliti, arrostiti, tranciati, smembrati, divorati. E non è così perché DEVE essere così, è così perché noi, con la nostra indifferenza ed oblio quotidiano, VOGLIAMO che continui ad essere così, permettiamo che sia così. Rinunciare a lottare significa continuare a permettere; significa rendersi complici.
Potrei citarvi tantissime frasi che sono state pronunciate da uomini illustri nel corso della storia e che hanno trovato una stretta attinenza tra quello che avvenne nei campi di concentramento nazisti e tra quello che avviene oggi negli allevamenti intensivi, nei mattatoi, nelle pescherie. “Auschwitz inizia ogni volta che qualcuno guarda a un mattatoio e pensa: sono soltanto animali” disse Theodor Adorno. E un giorno vi trascriverò le tante riflessione lasciate da uno scrittore la cui grandezza di artista va di pari passo con quella dell’uomo che è stato. Grandezza di spirito: parlo di Lev Tolstoj, animalista e vegetariano, vissuto nel lontano '800, morto con la speranza che l’evoluzione futura avrebbe prima o poi finito per considerare un abominio lo sfruttamento animale, e lo avrebbe rilegato nel lontano passato da troglodita che la specie umana è convinta di aver superato.
Lasciare che milioni di creature vengano uccise per noi, senza che noi nemmeno ci sporchiamo le mani perché deleghiamo ad altri il compito ignobile di versare il sangue, dimenticare quello che avviene nei mattatoi, voltarsi dall’altra parte, obliare, rimandare, fingere che non sia così, sottovalutare, sono tutti comportamenti volti a favorire gli aguzzini di sempre. Bisogna avere il coraggio delle proprie idee, dei propri sentimenti, la forza della pietà, a costo di andare contro corrente, di allontanarsi da quella apparente sicurezza che è data dall’approvazione di una massa acritica che non esita a giudicare un fatto “normale” solo perché è compiuto dalla maggioranza. Non sempre quello che la maggioranza pensa e fa è giusto. Spesso gli orrori più grandi avvengono sotto i nostri occhi proprio mascherati da questa apparente “normalità” che li fa apparire “accettabili”. Spesso il Male è più banale (La banalità del Male, scriveva la Arendt) di quello che sembra. Specialmente quando è un Male freddo, lontano, distante nel luogo e nel tempo; vi siete mai chiesti perché sia vietato visitare gli allevamenti intensivi? O i mattatoi? Per non “turbare” la sensibilità di eventuali spettatori. Perché la verità è che nessuno potrebbe assistervi senza restarne estremamente turbato. Ed è così che certi luoghi vengono posti in luoghi irraggiungibili persino dal pensiero. “Lontano dagli occhi, lontano dal cuore”. L’orrore, il Male, viene allontanato, mascherato, celato. Eppure continua, ogni istante, anche in questo esatto momento. Un olocausto invisibile ai nostri occhi ma non per questo meno efferato, straziante, disperato e mostruoso. Sistematico. Quello che avviene negli allevamenti è uno sterminio SISTEMATICO. Esattamente come fu quello degli Ebrei.
Ma non puoi paragonare... quelli erano uomini, questi sono solo animali... (mi sembra quasi di sentire). Non animali, dico io. Non badiamo all’uso reiterato dei termini linguistici che finiscono per divenire astratti, puri suoni svuotati del loro reale significato o comunque semplici astrazioni convenzionali. Proviamo a chiamarli in un altro modo: sono creature viventi che respirano, soffrono, sentono dolore sia fisico che psichico, hanno una precisa volontà di continuare a vivere conformemente alla loro natura, ossia nei prati, o nei boschi, o sulle montagne, o nel mare, o nelle città accanto a noi nel rispetto reciproco. Sono esseri viventi e senzienti. Sentono. Vedono. Odorano. Hanno dolore. Provano affetto. Rabbia. Frustrazione. Disperazione. PROVANO DOLORE. NON sono SOLO animali. Sono creature viventi. Esattamente come coloro che sono stati deportati e torturati ed uccisi NON erano solo Ebrei, ma erano ESSERI VIVENTI. Specismo e razzismo sono la stessa identica cosa. Entrambi conducono ai campi di concentramento (che si chiamino Auschwitz o “allevamenti intensivi” o “stabulari per la vivisezione”, ripeto, è solo una banale questione di termini).
Bisogna che ci sforziamo di comprendere l’Unicità e Preziosità ed Irriducibilità dell’ESSERE. Di OGNI essere.  Umano o animale poco importa. Sempre ESSERE è.  

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