domenica 28 luglio 2013

Antispecismi ad usum proprium - verso una visione olistica

di Andrea Romeo 

Contra principia negantem non est disputandum”[1] 
Introduzione 

Quelli che seguono in queste pagine sono appunti presi in questi ultimi mesi per l’elaborazione della mia prossima ricerca sull’antispecismo. Ma, visto il periodaccio che l’antispecismo sta vivendo in questi giorni, ho deciso di elaborare la bozza e pubblicare comunque questo lavoro adesso. Quindi il lettore troverà certamente dei limiti nel seguente scritto. Tuttavia il mio obiettivo, con questo articolo, è quello di portare alla riflessione e stimolare il dibattito, e non di avere alcuna ambizione di dire verità assolute ed incontrovertibili. Agere sequitur esse[2] – L’ antispecismo metafisico Secondo il filosofo dell’antispecismo politico Marco Maurizi, l’antispecismo nasce metafisico[3]: che significa? Per rispondere a questa domanda facciamo un brevissimo viaggio nel tempo (indietro). L’antispecismo viene definito come quel movimento filosofico e politico che si oppone allo specismo: fin qui non si discute (almeno credo). Il problema sorge invece proprio nel momento in cui si cerca di definire lo specismo. Il termine specismo, coniato dallo psicologo inglese Richard Ryder nel 1974, viene definito dallo stesso come un pregiudizio morale simile al razzismo e al sessismo. Anche Peter Singer, nel suo famoso testo Animal Liberation, definisce lo specismo come: “Un pregiudizio o un atteggiamento pregiudizialmente favorevole agli interessi dei membri della propria specie e contro i membri delle altre specie.”[4] Ritorna in Singer dunque il termine pregiudizio, termine più o meno ripreso anche, ad esempio, da Tom Regan che definisce lo specismo come attribuzione “ […] di un maggiore peso agli interessi degli esseri umani solo perché sono umani”[5] Ultimamente, un’altra studiosa del fenomeno che spicca per i suoi studi in ambito psicologico sul rapporto tra uomo e animale attraverso la bistecca, Melanie Joy, ha messo in luce il fenomeno del carnismo[6] come “sistema di credenze” trasmesso culturalmente[7]. Leonardo Caffo definisce due tipi di specismo, uno naturale e l’altro innatuale, dove lo specismo risulta “connaturato agli animali umani ancor prima che acquisiscano giudizio critico nei confronti della realtà”. [8] Si osserva dunque come lo specismo, in queste visioni, venga definito come il prodotto del pensiero, una ideologia, un pregiudizio, qualcosa di “astratto” o, come nel caso di Caffo, come innato. Dato un sistema uomo ↔ ideologia ↔ uomo, questi studiosi hanno focalizzato le proprie analisi sul secondo fattore, sulla ideologia che influenza l’uomo (ideologia ↔ uomo), la quale nasce in qualche modo dall’uomo retroagendo sullo stesso – e, di conseguenza, sul suo rapporto con la realtà materiale e quindi col non-umano – e concentrandosi dunque sugli effetti di questa retroazione. 

Prassi metafisicaMens agitat molem[9] 

Restando su una dimensione de-onto-logica, questi approcci hanno il vantaggio di analizzare un dato di fatto, una realtà hic et nunc, smontando, attraverso il ragionamento filosofico, le fallacie del mondo platonico che muove gli individui. I metafisici non si pongono il problema del come e del quando lo specismo nasce, quindi non analizzano l’aspetto storico-materiale del fenomeno, o quando lo fanno, se ne preoccupano in modo superficiale, concentrando le proprie analisi sulla manifestazione dello specismo hic et nunc, muovendosi sul piano della prassi, attraverso strategie fatte, come in un gioco degli scacchi la cui scacchiera è la logica, di mosse e contromosse per lo smantellamento del pensiero specista. L’antispecismo metafisico, quindi, analizza come il mito, retroagito sulla società e, come un burattinaio, la muove, influenza i singoli individui in relazione alla realtà materiale, evidenziando le fallacie dei ragionamenti (su tutti i piani), e cercando di far leva proprio sui bugs dei medesimi per smuovere le coscienze degli individui, o dei gruppi di individui, a cui si rivolge. Non ponendosi il problema dell’aspetto storico-materiale, l’antispecismo metafisico si muove sul piano de-onto-logico, eliminando l’aspetto meramente politico dalla sua prassi, concentrandosi dunque sui singoli individui o gruppi. In altri termini, gli antispecisti metafisici mirano a minare alla base lo specismo, smantellando il mito sul piano ontologico, e rivolgendosi dunque ai singoli individui stimolando un cambiamento dal basso. La forza di questo approccio sta nel fatto che, a prescindere da dove si situa a livello storico la metafisica che muove i cervelli-corpi verso la prassi specista, se in un prima o in un dopo, e a prescindere da come l’ideologia si presenti, dalle sue sembianze e morfologia (se credo religioso o ideologia politica o interesse economico) destruttura l’ideologia che, volente o nolente, è di fatto parte dell’ecosistema ideologia-uomo-realtà. 

Limiti della prassi metafisica - Quo modo? fit semper tempore pejor homo[10].

I limiti della prassi metafisica sono, paradossalmente, nella sua stessa natura. Seppure l’antispecismo metafisico sia stato il propulsore di tutto il movimento portandoci fin dove siamo arrivati – ab tam tenui initio tantae opes sunt profligatae![11] – pur non ponendo la questione sul piano storico e politico (cosa che farà invece Marco Maurizi), ma bensì su quello logico-argomentativo, irrimediabilmente è destinato a fallire, poiché potrebbe arrivare (cosa non del tutto inverosimile) ad una condizione di stasi in cui gli interessi economici di forze molto più grandi dei singoli – siano questi interessi mossi da ideologie o da credenze ad esempio religiose o da questioni meramente economiche – si contrapporranno schiacciando le iniziative di questi, o comunque porranno una barriera insormontabile ai medesimi. In parole povere, seppure il ragionamento de-onto-logico risulta essenziale per lo smantellamento del mito che muove i singoli individui e, attraverso loro, la società nel suo complesso, senza una meta comune e una visione che guardi più lontano, oltre l’aspetto hic et nunc, creando dunque anche coesione tra i soggetti coinvolti, i sostenitori dell’antispecismo rischiano di essere, per restare in tema di animali, meri “raccoglitori di mosche”, ma con una bella retorica.

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