mercoledì 17 luglio 2013

La possibilità del male


Da diverso tempo vedo che gira questo video, ma non avevo mai voluto vederlo, un po' perché non sempre ho voglia di documentarmi affrontando l'ennesimo orrore che viene perpetrato ai danni degli animali, un po' perché, sono sincera, mi sembrava, a leggere la didascalia, che fosse un po' una stupidaggine... cioè, non mi sembrava possibile.
Infine ho deciso di guardarlo, ma ancora non riuscivo a credere ai miei occhi, com'è possibile, mi son detta, che si possa fare una cosa del genere.
Poi la voce della ragione mi ha risposto: "è possibile, possibilissimo; se tritano i pulcini vivi poiché inutili ai fini della produzione delle uova - e li tritano! - allora è possibile che facciano anche questo; se gettano migliaia di maiali, ancora vivi, dentro una fossa e poi li seppelliscono, allora è possibile che facciano anche questo; se ingozzano le oche fino a farle scoppiare, se bolliscono le aragoste vive, se esistono gli allevamenti intensivi, se esistono gli stabulari per la vivisezione, i mattatoi e tutti quegli altri non-luoghi e strumenti di tortura, allora è possibilissimo anche questo.
E sì, prendono proprio le galline vive, le infilano dentro un rullo che toglie loro le penne e poi le tritano... ancora vive.
Che strana specie che è l'homo sapiens, nevvero?

7 commenti:

Sara ha detto...

Il video non lo voglio vedere, sono "quasi" vegana, con ampi margini di miglioramento.
Forse bisognerebbe partire dalla tua ultima riga e iniziare a sostituire il termine "homo" con quello di persona, anch'esso non neutrale, ma non compromesso con il genere unilaterale.

Rita ha detto...

Hai ragione Sara... però persona significa, nell'accezione filosofica moderna, qualcuno che ha coscienza di sé, e quindi attribuibile anche agli animali non umani, volendo. In questo caso io volevo parlare proprio della specie umana. Ecco si potrebbe dire "specie umana" e non specie homo sapiens. Che ne dici?

Maura ha detto...

Classificarci come esseri viventi credo sia più che sufficiente.
Quando lavoravo in fabbrica per i dirigenti ero solo un numero, mentre io mi sono sempre considerata una persona con la mia esclusività.
Credo che l'essere vivente/uomo non si meriti altro che un bel codice a barre sbattutto bene in fronte!
Solo in questa maniera riusciremo ad identificare tutti quegli esseri schifosi che stanno uccidento questo pianeta.
Non mi basta ma sono sempre più convinta che tutto torna indietro ("chi semina nel vento raccoglie tempesta").

Ciao Biancaneve, grazie dell'affetto.

Rita ha detto...

Grazie a te cara Maura,
anche io sono convinta che tutto ciò che si fa, in qualche modo ritorni.

Hai visto Cloud Atlas?

"La nostra vita non è nostra, da grembo a tomba, siamo legati ad altri, passati e presenti, e da ogni crimine e ogni gentilezza generiamo il nostro futuro”

Ti abbraccio forte, con tantissimo affetto.

Emanuele G ha detto...

Ho appena finito di leggere (400 pagine in due giorni) "Next of Kin" di Roger Fouts e in una delle ultime pagine in quello che è forse il passaggio più forte di tutto il libro scrive:

“Just as I found it difficult to draw moral boundaries between different kinds of research, I was finding it harder and harder to draw moral boundaries between species. Surely a baboon or a dog in a biomedical experiment suffers no less than a chimpanzee or a human would. And the same troubling questions apply: Is it right to kill other animals to prolong human life? Must we inflict suffering on one species to relieve suffering in another species? It was Washoe who taught me that “human” is only an adjective that describes “being” and the essence of who I am is not my humanness but my beingness. There are human beings, chimpanzee beings, and cat beings. The distinctions I had once drawn between such beings – distinctions that permitted one species to imprison and experiment on another species – were no longer morally defensible to me.”



Ho incluso tutto il passaggio per completezza, anche se la parte in cui si parla dell'"umanità" (nel senso di humanness) è quella centrale.


PS Se non l'avete ancora fatto vi consiglio di leggerlo, è un libro veramente toccante.

PS2
Washoe è venuta a mancare nel 2007 all'età di 42 anni. Due dei componenti della sua famiglia sono tuttora in vita: suo figlio adottivo Loulis e Tatu

http://www.friendsofwashoe.org/

http://panbloglodytes.wordpress.com

Rita ha detto...

Grazie Emanuele per aver riportato questo estratto assai significativo, ho sempre sentito parlare benissimo di questo libro e da tempo infatti mi riprometto di leggerlo.

Emanuele G ha detto...

Con piacere. Ti anticipo però che è un libro veramente triste nel suo complesso, ma che mostra tutta la parabola della vita di Washoe (fino alla sua ultima dimora alla Central Washington University dove appunto è morta nel 2007) e anche il cambiamento interiore dell'autore che in principio non avrebbe mai immaginato a cosa sarebbe andato incontro. Incontrarla per caso alla fine degli anni '60 gli ha lletteralmente cambiato la vita.