lunedì 13 marzo 2017

Paragoni


Una delle convinzioni più diffuse usata da sempre per giustificare l'oppressione di altre specie o di altre etnie è quella di affermare che alcuni individui soffrano di meno solo perché hanno la pelle di un colore diverso o ricoperta di pelo, squame o piume.

Dicevano la stessa cosa dei neri. Non soffrono come i bianchi, sono bestie, sono abituati a lavorare. 

Poi delle donne: non hanno le stesse esigenze degli uomini, il loro ruolo è solo quello di procreare e crescere figli (al massimo andare a fare shopping, spettegolare tra loro, leggere qualche romanzetto rosa di infimo livello).

Degli animali, da sempre e tutt'oggi (nonostante le evidenze etologiche e quelle dell'esperienza comune), si dice: non soffrono, non sono consapevoli, non hanno esperienza del mondo, non sanno cosa sia la libertà, sono abituati a stare chiusi, a trainare pesi, a sopportare ogni tipo di ingiuria e ingiustizia. Heidegger diceva: gli animali non possono morire veramente (nel senso di non avere la stessa nostra esperienza della morte) perché sono poveri di mondo. Si sbagliava: povero di mondo è chi non riesce a comprendere altri orizzonti, a vedere che ci sono infiniti altri mondi oltre al proprio.
Peraltro è proprio assimilando chiunque altro agli animali che si giustifica ogni tipo di abuso.
Se è assodato e legittimato culturalmente che agli animali si possa fare di tutto senza che essi soffrano o che ciò che venga percepito come ingiustizia, allora assimilo te (nero, ebreo, rom, donna ecc.) a un animale e poi ne giustifico l'oppressione, la violenza, il dominio, l'uccisione. 

Nessun commento: