mercoledì 1 marzo 2017

Programmati


Ogni animale sfruttato finisce sempre al mattatoio. 
Industria della carne, industria del latte e delle uova sono legate tra loro e anzi, quella del latte non esisterebbe senza la garanzia di poter mandare i vitellini al macello poiché di fatto sarebbe insostenibile mantenerli senza ricavarci qualcosa. Ogni allevamento, grande o piccolo che sia, intensivo o estensivo, è un'azienda che lavora per guadagnare, per ottimizzare il profitto, non per amore degli animali. Chi consuma latte e uova è ancora carnista perché contribuisce ancora, seppur indirettamente, a mandare animali al mattatoio.
Premesso questo, so che molti vegetariani, pur sapendo esattamente come stanno le cose, non riescono a concepire il veganismo, ritenendolo esagerato. 
C'è stato un tempo in cui anche io ragionavo così perché pensavo che se tutti avessero smesso di mangiare carne allora di default sarebbe crollata anche la produzione di latte e uova. In realtà, se tutti smettessero di mangiare carne, ma non latte, i vitellini sarebbero comunque uccisi come scarti (di fatto ciò accade nella produzione della mozzarella di bufala: i bufalini non vengono considerati appetibili dal mercato, ma sono comunque uccisi e gettati via come scarto). Ma c'è dell'altro, che è il punto più importante: continuando a consumare prodotti animali si continua a considerare l'animale in virtù della sua utilità per noi, quindi come strumento, come produttore di qualcosa, come macchina da (latte, uova) e non come individuo che vive per sé stesso, come dovrebbe essere. 
Mucche da latte e galline ovaiole in natura vivrebbero anche vent'anni, mentre le prime, dopo essere state sfruttate, vengono mandate al mattatoio al massimo a cinque anni di età (e mi son tenuta larga), spesso talmente sfinite da essere incapaci di reggersi sulle zampe (le famose "mucche a terra", che sono più di quelle che possiate immaginare) le seconde al massimo entro due anni (e anche qui mi son tenuta larga). 
Produrre latte e uova ai ritmi richiesti dall'industria debilita e consuma l'organismo di mucche e galline. Molte muoiono semplicemente di fatica, sfinite. Si esauriscono. Come fossero macchine usate troppo e male. 
Le parole chiave dell'industria della carne, del latte, delle uova sono: ottenere il massimo rendimento, la massima conversione dell'animale in prodotto, poco importa la sua qualità di vita.

Ecco perché il veganismo non è esagerato. Ma la scelta più sensata che si possa fare dopo aver saputo certe cose. 

Detto ciò, come ho scritto nel post precedente, sono varie e complesse le ragioni per cui non si riesce a fare questo passo, io stessa, ripeto, sono stata "quasi vegana" per qualche tempo: ossia condividevo le ragioni dell'esserlo, ma non riuscivo ancora ad affrancarmi del tutto dalle abitudini carniste (per carnismo intendo anche il consumare solo derivati animali, appunto). Abitudini che sono in realtà condizionamenti mentali profondi. Condizionamenti da cui non è facile affrancarsi. Siamo stati "programmati" per troppo tempo a non vedere il lato oscuro del latte, delle uova, della carne; ad afferrare con automatismo il latte dallo scaffale del supermercato, la confezione di uova, a ordinare il cappuccino al bar; a mangiare insieme agli altri senza vedere "gli altri" nei piatti; a ricordare e desiderare sapori, colori, nomi, consistenze; a festeggiare, brindare, offrire, prendere; a mangiare così come ce lo hanno insegnato i genitori, i nonni, tutte persone di cui ci fidavamo e che sapevamo essere nel giusto, nel buono. Condizionati, programmati, sapete cosa significa? Che c'è qualcosa di profondo che agisce dentro di noi e respinge, neutralizza e minimizza le nuove informazioni che oggi è possibile reperire ovunque sullo sfruttamento animale. Il condizionamento è come un virus che combatte e reagisce e più noi lo bombardiamo di informazioni e più esso si rafforza, si irrobustisce, si irrigidisce, cresce a dismisura e nella sua crescita arriva a spazzar via il buon senso, la logica, la sensibilità. Il condizionamento diventa cieco di folle rabbia e si munisce di ogni tipo di arma che trova a portata di mano: la derisione, lo scherno, soprattutto gli stereotipi, le etichette, e l'abbandono del raziocinio. Ecco perché non è facile diventare vegani. Non certo perché non sia facile in sé mangiare vegano, ma perché è complesso arrivare a pensare in una certa maniera, arrivare a concepire il latte come un prodotto di sofferenza e non come un semplice alimento, le uova come il risultato di una sottrazione e non come un ingrediente di una ricetta. Ciò che è difficile non è smettere di mangiare prodotti animali, ma capire proprio che quelli non sono più prodotti. Spesso comunque la cognizione parte dall'azione, ossia si smette per qualche ragione di mangiare alcuni prodotti e si spalanca una nuova prospettiva (è successo a diverse persone che hanno smesso di mangiare latte per motivi di salute e poi in seguito si sono avvicinate alla questione animale che c'è dietro). Ecco perché dovremmo puntare meno sul convincere le persone a ogni costo e di più sull'apertura, sulla discussione, sulla riflessione. Certo, va detto che mangiare animali e prodotti del loro sfruttamento è sbagliato, è mostruoso, è orribile, ma non dobbiamo far sentire mostri le persone che ancora non ce la fanno perché non è colpa loro se sono state programmate in un certo modo. Siamo stati tutti programmati. Noi a pensare, agire e reagire in un certo modo; gli altri animali persino a nascere, (non)vivere, produrre, morire in un certo modo. La loro esistenza è programmata dall'inizio alla fine, minuto per minuto, respiro dopo respiro. Gli altri animali subiscono persino ogni loro respiro, ché è respiro di aria fetida, artificiale, respiro di dolore. Ogni boccata d'aria è ferro, ruggine, sapore metallico, incubo. Penso che è questo che dovremmo far capire, ossia che le scelte che sembrano naturali e normali in realtà non lo sono e che la condizione di queste creature che producono latte, uova e carne non è accettabile. Non può esserlo perché gli allevamenti e i mattatoi sono quanto di più terrificante esista sulla terra, un vero inferno che la maggior parte di noi fa fatica persino a immaginare. 
Nessuno vuole essere una marionetta, tutti vogliono pensare con la propria testa ed è a questo che dobbiamo mirare.
Ripeto: ognuno ha il suo percorso. Non ostacoliamolo, ma agevoliamolo con la nostra testimonianza e soprattutto raccontando loro l'orrore e l'ingiustizia. 
La cosa più importante, almeno per me, è far capire bene cosa sia il veganismo, cosa c'è dietro il perché di questa scelta e perché non sia affatto estremo smettere di mangiare anche il latte e le uova. 

P.S.: di recente ho scritto un articolo che intende far luce proprio sull'aspetto politico di questa presa di posizione - il veganismo, appunto - contro il sistema che sfrutta gli animali. Avrò il piacere di condividerlo con voi quando uscirà.

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