martedì 28 gennaio 2020

What did Jack do?


Di animali parlanti nel cinema di Lynch ne avevamo già visti, per esempio in Inland Empire ci sono tre persone con la testa di coniglio, in realtà protagoniste di una precedente sitcom intitolata Rabbits. Poi c'è il mostricciatolo teriomorfo di Eraserhead, neonato metà umano e metà coniglio; ma si trattava comunque di personaggi artefatti, cioè finti.
Invece nel cortometraggio "What did Jack do?", visibile su Netflix, abbiamo una vera scimmia cappuccina, cui lo stesso Lynch presta il labiale per renderla più credibile mentre parla, ottenendo ovviamente un voluto effetto straniante.
Girato in bianco e nero - ricorda Eraserhead per le atmosfere e la fotografia, ma anche alcune scene oniriche dell'ultima stagione di Twin Peaks - il corto mette in scena un interrogatorio tra un detective, lo stesso Lynch, e appunto la scimmia, chiamata Jack Cruz, accusata di aver commesso un omicidio. Il format è un po' lo stesso di alcune serie tv del genere crime/detective story girate interamente in interni, telecamera fissa, campo e controcampo durante interrogatori in cui il detective di turno mira a far crollare l'accusato o comunque a scovare elementi deboli nella sua testimonianza, solo che qui il tutto è al servizio del perturbante, dell'onirico e dell'estetica lynchiana.
Ci sono molti elementi già presenti in tante sue opere, tra cui l'onnipresente tazzina di caffè, ormai una sorta di correlativo oggettivo del cinema del maestro.
Interessanti i dialoghi in cui si recitano proverbi che riguardano gli animali e l'inventiva di una mitologia improvvisata in cui gli animali sono appunto protagonisti di racconti in cui vengono antropomorfizzati.

Tutto sommato però mi ha lasciata abbastanza indifferente, e ovviamente non posso che trovare sgradevole e inopportuna la scelta di usare degli animali veri (presente in scena anche una gallina). Animali ovviamente addestrati, usati contro la loro volontà e quindi schiavi. E poco importa che nei titoli di coda compaia il nome del trainer e la dicitura volta a rassicurare che nessun animale è stato maltrattato; il maltrattamento è insito nella negazione etologica delle altre specie e nel loro uso al servizio di azioni e cose prettamente umane. Peraltro la scimmietta qui è anche vestita.
L'arte è arte, direte voi, ma in suo nome non devono essere usati esseri senzienti, per nessun motivo, specialmente oggi che abbiamo la possibilità di ricreare praticamente ogni animale in digitale con effetti speciali all'avanguardia.

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