domenica 17 maggio 2020

Specismo e linguaggio


Ogni volta che ricorriamo a termini di altri animali per insultare e denigrare qualcuno rafforziamo lo specismo, ossia la visione interiorizzata della loro inferiorità.
Ogni tipo di oppressione e sfruttamento ha infatti bisogno di un universo di simboli e di un linguaggio che possano giustificarli e su cui si possano reggere, così come di pregiudizi, credenze e tesi definizionaliste (cioè che apparentemente non richiedono bisogno di spiegazioni e di dimostrazioni).
Lurido maiale, stupido come un asino, matto come un cavallo, verme ributtante, viscido come un rettile, scema come un'oca, troia, vacca, ratti schifosi, ti schiaccio come un lurido scarafaggio, porco, maiale, sei una bestia, sono soltanto animali, ma anche ammassati come beste, che gallina cretina, sei una capra, trattati come animali e tante altre sono espressioni che abbiamo sentito mille volte per offendere un politico che non ci piace, una donna, una persona che ha commesso un crimine, o per descrivere una situazione che riteniamo inappropriata per noi umani, ma normale e naturale per gli altri animali.
Tutto ciò, sentito e ripetuto mille volte sin da quando siamo bambini, quindi in un'età in cui non si ha la capacità di mettere in discussione la società e quello che gli adulti dicono, è entrato nel nostro inconscio e si è radicato contribuendo a rafforzare una visione negativa degli altri animali.
Tutto ciò nutre e dà forza allo specismo.
Cerchiamo di prestare attenzione quando parliamo, di evitare alcuni luoghi comuni e di rinnovare il linguaggio inventando nuovi modi dire; è possibile e anche divertente.

Foto: Jo-Anne McArthur / We Animals

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