lunedì 16 gennaio 2012

Del Sonno, dei Sogni e della Nostalgia (e dell'auto-analisi)

Nostalgia, parola composta, dal greco nostos (ritorno) e algos (dolore), sta ad indicare esattamente il dolore del ritorno, ossia quella forma peculiare di dolore sperimentata quando ci si trova lontani da casa (in tedesco espressa anche come Heimweh, ove Heim significa proprio il focolare domestico, la casa d’origine). Pare che in letteratura sia stata attestata la prima volta nell’Odissea di Omero, a proposito del desiderio lacerante di Ulisse di far ritorno a casa.
Questo è il significato più o meno etimologico, più in generale però il termine nostalgia viene usato anche per indicare quel sentimento di perdita - tanto profondo quanto a volte indistinto - legato ad un qualcosa percepito come perduto per sempre, ad esempio l’infanzia, la giovinezza, un amore del passato, un amico perduto, un’esperienza vissuta ecc..
Credo che la peculiarità dell’unicità di ogni singola esperienza - e proprio per il suo carattere di unicità - contenga in sé il germe di questo sentimento nostalgico, maggiormente percepito quando all’esperienza si attribuisce o si finisce per attribuire un significato specifico.
E’ una condizione, questa della nostalgia, che mi capita di vivere spesso, in particolare in un frangente del tutto specifico: quando vado a dormire di pomeriggio.
Ho deciso di parlarne qui per sapere se accade anche a qualcuno di voi o se, al limite, possa esserci una spiegazione di tipo neurologico (o fisico che sia).
Mi capita ogni tanto di andare a dormire il pomeriggio (conduco una vita con orari piuttosto disordinati, faccio spesso molto tardi la sera, oppure pur andando a dormire ad orari decenti capita che magari non riesca a prendere sonno, di conseguenza a volte la mattina faccio fatica ad alzarmi e resto assonnata durante il giorno, così che, quando mi è possibile, assecondo l’esigenza di fare la cosiddetta “pennichella pomeridiana”) e immancabilmente mi capita di sognare - sogni brevi ma intensi quanto quelli notturni - o mattinieri che siano: pare che in realtà si sogni infatti soprattutto nelle ultime fasi del sonno, quello del primo mattino, anche se si ha l’impressione di aver sognato tutta la notte; fin qui nulla di strano; il punto è che ogni volta che mi risveglio da questi brevi sonni accompagnati da sogni avverto un dolore lacerante, talmente lacerante e straziante da non saper nemmeno come descriverlo: è un po’ come se tutto il peso ed il dolore del mondo si fosse ammassato su di me, un po’ come se io fossi divenuta depositaria di tutto il dolore esistente, in più ha sempre questa connotazione inconfondibile di perdita, di qualcosa che è andato irrimediabilmente perduto. Una condizione nostalgica elevata all’ennesima potenza. Il bello (o il brutto) è che non riesco assolutamente ad identificarne l’origine. Ci può stare che io a volte abbia pensato,  magari prima di cadere nel sonno profondo - diciamo nella fase iniziale ipnagogica in cui le percezioni esterne iniziano a confondersi con le prima, vaghe, aleatorie immagini oniriche -  a situazioni del passato, alla mia adolescenza ed anni trascorsi, ad esperienze gradevoli, belle che hanno contraddistinto il mio passato, e fin qui lo posso capire che magari dalla rielaborazione del tutto nell’attività onirica si possa sprigionare il sentimento della nostalgia, scaturito quindi dalla presa di coscienza di giorni, situazioni, sensazioni che ormai appartengono al passato e che non torneranno mai più, ma come si spiega tutto il resto delle volte in cui invece il pensiero del passato è stato del tutto assente (sia dai sogni, sia dai miei pensieri e riflessioni pre-sonno)?
Da dove viene questo dolore sordo, cupo, ingombrante, quasi soffocante, da costringermi immediatamente ad alzarmi, aprire le tende, prendere aria, prendere contatto con la realtà? E, ripeto, mi accade sempre e solo di pomeriggio, quando dormo di pomeriggio.
Allora ho pensato che potrebbe essere proprio l’effetto dello specifico tipo sonno pomeridiano, di un’attività cerebrale ed onirica in qualche modo diversa rispetto a quella notturna, come se venissero attivate aree del cervello normalmente non implicate durante l’attività notturna.
Qualcuno di voi sa dirmi qualcosa in merito? A voi è mai successo?
E comunque, al di là di tutte le considerazioni di carattere neurologico che si potrebbero fare, mi interessa anche a questo punto intellettualizzare un po’ il tutto, provare quindi a rendere in una chiave letterario-immaginaria (e vagamente psicanalitica) la peculiarità di questo lacerante dolore.
Mi domando allora se non esista davvero un qualche posto specifico dal quale tutti proveniamo, un posto dal quale a forza ci hanno staccato e che ci hanno costretti a dimenticare, ma che, in qualche modo, resta come ricordo soffuso ed indistinto dento di noi. Un posto al quale, inconsciamente, ad un qualche livello profondissimo del nostro sub-conscio, ambiremmo far ritorno ed a cui, talvolta, ci è permesso accedere, ma solo in sogno e solo a costo che si verifichi una determinata attività onirica, possibile solo in specifiche condizioni. Poi il risveglio. E da lì la consapevolezza di aver dovuto subire nuovamente quello strappo originario, quel distacco forzato da un nucleo originario cui avremmo anelato appartenere per sempre. Ed ecco il perché di quel dolore sordo, oppressivo, lacerante, come se tutto lo strazio del mondo fosse compresso in un unico punto e quell’unico punto stesse premendo sul cuore. Un dolore che, a volerlo sciogliere in lacrime, causerebbe un pianto infinito ed ininterrotto fino alle fine dei tempi.
E mi domando allora altresì se questo nucleo originario cui vorremmo disperatamente ricongiungerci non sia altro che il ventre materno, liquido amniotico avvolgente, vita primigenia, inizio di tutto.
Forse è un caso, ma io sono nata di sette mesi, venuta al mondo troppo presto, sopravvissuta per caso; costretta a dovermi separare forzatamente dal ventre caldo di mia madre causa un fibroma che letteralmente stava invadendo il mio spazio vitale: sono nata a dicembre, fuori c’era la neve, in un piccolo ospedale di paese in cui non c’era nemmeno un’incubatrice (parliamo di più di quarant’anni fa, e sì che ora vi ho detto anche la mia età) e quindi, avvoltami in più strati di ovatta e al contatto di una borsa dell’acqua calda, mi hanno infilato di corsa in un’ambulanza e portata all’ospedale della città più vicina. Passata dal calore del liquido amniotico al freddo di una notte d’inverno. Dalla percezione di uno stato di pace assoluta e di completo benessere a quella - già di per sé traumatica - del venire al mondo: esposta al freddo, depositata nel luogo asettico di un’incubatrice, impossibilitata a poter sentire la voce di mia madre, quella voce che avevo imparato a conoscere da dentro la sua pancia. Non sapevano nemmeno se sarei sopravvissuta. Pesavo un chilo e due ed erano tempi diversi rispetto ad oggi.
Forse non c’entra nulla, ma può essere che io continui a portare dentro di me il peso di questo trauma originario della mia nascita, di questo distacco forzato, immaturo, precoce, del passaggio troppo brusco e repentino da uno stato di benessere ad uno di disagio fisico.
E magari questo dolore che immancabilmente si fa sentire al risveglio da un sonnellino pomeridiano non è altro il ricordo di quel primo dolore, cui si accompagna questo sentimento nostalgico profondo scaturito dal desiderio - inconscio, segreto, sotterraneo, viscerale - di voler far ritorno a quel nucleo originario della mia esistenza. Forse morire sarà come tornare. Un annullarsi bellissimo nel più bel ricordo di sé, un ritrovare ciò che di più prezioso un tempo abbiamo avuto e che abbiamo creduto perduto per sempre.

20 commenti:

Emmeggì ha detto...

Per alcune cose, hai visto, ti ho risposto altrove. Qui vorrei solo citare tre film che a mio avviso tracciano rotte in questi territori dell'Anima: Melancholia, The Tree of Life e Enter the Void. Sui primi due che dire ancora, Rita? Il terzo, mica male, un viaggio di un morto fra i vivi, nei vivi, ma lontano dai vivi. Visivamente eccellente. Lasciarsi andare per guastarlo a pieno. Un abbraccio

Rita ha detto...

Enter the Void? Mai sentito. Mi incuriosisce molto a questo punto. Me lo segno. :-)
Grazie Emmeggì. -)

Zac ha detto...

Pero'.
Non ho mai dormito durante il meriggio, non ho consigli seri da dare, a parte il considerare l'astensione dalla pennichella meridiana.
Se ti fa' cosi' male, evitala.

Ti viene sonno?
Prendi una pastiglia di guarana' o ginseng ed esci a passeggiare,
che e' la mia soluzione abitudinale.

Ciao
Zac

Rita ha detto...

Ciao Zac,
in effetti ci sono stati periodi in cui mi sono astenuta del tutto dal sonnellino pomeridiano (anche perché lavoravo e gli orari non me lo permettevano), e anche ora cerco di evitare se posso. La soluzione del far passare il sonno passeggiando è ottima, lo so, spesso l'ho messa in pratica. :-) E ti ringrazio per i validi consigli.
Però rimane la curiosità di voler capire, comprendere.
Tu dici bene: "se ti fa così male, evitala", ma io, per carattere, sono una che vuole andare sempre fino in fondo alle cose, che se solo percepisce che c'è qualcosa di disturbante nel proprio essere, preferisce andare a vedere cos'è, affrontarlo, conoscerlo. Se c'è una radice di dolore, non potrò ignorarla per sempre. Ho come l'impressione che ignorare potrebbe essere peggio.
E comunque, al di là del sonnellino pomeridiano, io ho comunque un'attività onirica molto intensa, direi quasi particolare, e da sempre sono interessata a determinati fenomeni, sensazioni legati al sonno, forse è per questo che, nonostante il malessere, mi ostino ogni tanto a voler ricadere in quello stato.
Mi interesserebbe sapere se è una condizione tipica sperimentata da tutti o se dipende dal vissuto personale, dalla sensibilità individuale ecc..
Ciao, e grazie ancora per i consigli. :-)

Martigot ha detto...

La spiegazione che hai trovato potrebbe essere giusta. Il fatto che tu sia nata prima del tempo potrebbe in effetti essere un evento che è rimasto profondamente impresso dentro di te, nascosto da qualche parte.
Non ho mai provato quello che tu descrivi. Però mi succede, al risveglio, di avere l'impressione di tornare da qualche luogo lontanissimo, di aver percorso una grande misteriosa distanza. Il che mi fa pensare, dove andiamo veramente quando sogniamo?
O ancora, come mai l'impressione di un sogno ti rimane addosso a volte quasi per tutto il giorno, come fosse accaduto davvero, come se le sensazioni provate, belle o brutte, fossero legate ad un fatto realmente accaduto?
Argomento molto affascinante, il sonno.

Anch'io cercherei di indagare su questa cosa. Spero che riuscirai a capire la sua origine :)

Rita ha detto...

Ciao Martigot,
sì, è vero, a volte capita di fare quei sogni che poi rimangono impressi per tutto il giorno, si appiccicano letteralmente addosso come se le sensazione provate fossero state reali e non solo nella mente (ma chissà, forse tutto quello che accade è solo e sempre nella nostra mente) e anzi, per quanto mi riguarda, sono capace di recuperare emozioni e sensazioni di sogni fatti anche molti anni fa, ormai impressi nel ricordo al pari di altre esperienze reali.
Magari un'altra volta farò un post proprio sui sogni. :-)

Massimo Villivà ha detto...

E' un privilegio avere un'attività onirica molto forte.
Vuol dire che il tuo cervello riesce a elaborare creativamente le tue esperienze quotidiane, così come i tuoi ricordi intrauterini.
La tua nascita prematura è sicuramente uno dei fattori che ti causano questi "problemi" nel sonnellino quotidiano. Poi se ne possono aggiungere altri, ma non è molto importante conoscere la causa. Ci potrebbe essere un sottofondo depressivo che in altri momenti non viene fuori.
Ma quello che più conta è che il tuo dolore è autenticamente umano.
E' come se in quei momenti sperimentassi la separazione dal tutto, che è propria della vita umana.
In un certo senso siamo tutti "prematuri", venuti al mondo troppo presto. Altre volte siamo tragicamente in ritardo.
La condizione umana è quella di essere raramente a sincrono con la felicità. A volte, naturalmente, avviene anche questo. In termini teolgici si chiama "stato di grazia".
Il risveglio ti strappa dallo stato di grazia. Il dolore si fa sentire.
Quanta bellezza c'è in tutto questo.

Erika ha detto...

Carissima ciao, sai, io anche avevo spesso sonno di pomeriggio ma adesso mi faccio delle belle passeggiate al sole e non ho più tutto questo sonno, forse il nostro corpo se non sta al sole è come se entra in letargo... il sole è energia, è la fonte primaria di vita... ovviamente attenzione a non esporsi troppo...

Rita ha detto...

Che belle queste tue considerazioni, Massimo. :-)

Sicuramente è vero che ho un'attività onirica intensa e particolare. Ti confesso che ci sono stati periodi della mia vita, anche piuttosti recenti, in cui, dormendo molto, è come se avessi condotto una sorta di vita parallela: quella onirica appunto. Talmente significativa, importante e densa di emozioni da stare al passo con quella reale. Forse, come giustamente noti tu, potrebbe essere anche l'elaborazione di uno stato depressivo che in questa maniera viene incanalato, anziché sfociare in patologia vera e propria. Vero è che in me c'è sempre stata una forte capacità a reagire, ma poi, per compensare, a volte ho bisogno di astrarmi del tutto dal quotidiano reale e di rifugiarmi in una dimensione tutta mia, che può essere tanto quella onirica, quanto quella letteraria, cinematografica ecc..
In parole molte povere, sono una specie di "disattata" sociale. LOL

Vorrei riuscire a mettere a frutto in maniera più creativa queste mie dimensioni interiori. E' come se non riuscissero ad emergere, a realizzarsi, da qui probabilmente la ricca attività onirica, la quale sarebbe una sorta di meccanismo di compensazione.
Vorrei riuscire a sognare di meno e a fare di più. :-)

Riguardo invece la sperimentazione del dolore, sì, hai compreso benissimo cosa intendo, in effetti in quei momenti è come se io divenissi portavoce di una condizione universale.
C'è da dire che spesso ho sperimentato anche la sensazione inversa, ossia quella di riuscire ad essere intimamente partecipe di stati di gioia altrui, come se la mia identità si espandesse, non fosse più limitata ai confini del solo "io", ma divenisse capace di comprendere il tutto.
Da piccolina perdevo ore a fantasticare sul concetto di identità, provando ad immaginare me stessa negli altri, al posto di altri, ma è un qualcosa che non so spiegare bene. E comunque in quei momenti ho sempre avuto l'impressione di far parte di un potenziale infinito di possibilità di sentire, di essere, come se la mia limitatezza e finitezza di essere umano venisse annullata.

(tutto ciò lo scrivo in uno stato di totale lucidità: non mi drogo, né ho bevuto) ;-)

Rita ha detto...

@ veganaTrav

Sì, l'unica maniera per sfuggire al sonno pomeridiano, come suggeriva anche Zac, è quella di farsi una bella passeggiata all'aria aperta. Ed è vero che d'inverno anche noi esseri umani ci mettiamo un po' in letargo al pari di certe specie animali. :-)

Io a volte penso di aver assimilato i ritmi dei gatti con cui vivo, poco ci manca che mi metta a far le fusa e a miagolare come loro. :-)

Il sole è assolutamente fonte di vita, essenziale per la produzione della vitamina D di cui l'organismo ha bisogno, per stabilizzare l'umore, però certamente va preso con cautela, dosato come si deve e mai senza una protezione adeguata.
Un saluto. :-)

Erika ha detto...

Si cara, e poi ho notato che se sto giù di morale mi basta stare un pò al sole e mi sento meglio.
Però troppo sole può fare molto male, specialmente quello estivo.

Erika ha detto...

almeno credo.... :-) certo che anche d' inverno se ci mette stesi fissi al sole credo che faccia male.

Emmeggì ha detto...

carissima, se ti interessa ho messo qualcosa su Enter the Void. Credo proprio dovresti vederlo che ti piacerebbe eh...:-)))

Massimo Villivà ha detto...

Enter the Void non l'ho ancora visto, ma Gaspar Noe è un regista notevole, cruento e provocatorio.
Su You tube ci sono alcuni spezzoni dei suoi film. Notevole è Seul contre tous (Solo contro tutti) dove la violenza domestica, gli incesti e la disperazione si sprecano, ma si prestano a una regia originalissima, potente. Pugni non nello stomaco, ma in faccia allo spettatore. Nichilismo allo stato puro.
Sempre su Youtube c'è (in versione integrale) un cortometraggio intitolato Carne).
Purtroppo per gli animalisti il protagonista è un macellaio equino e il film si apre con l'uccisione e la macellazione di un cavallo ... senza omissioni di particolari.
Noe è molto particolare, un autore cult, un pazzo visionario.

Rita ha detto...

"Purtroppo per gli animalisti il protagonista è un macellaio equino e il film si apre con l'uccisione e la macellazione di un cavallo ... senza omissioni di particolari."

Ecco, non credo che lo vedrò.
Bisogna vedere quanto la provocazione sia fine a se stessa o abbia un fine. E soprattutto, nello specifico, se l'animale è stato ucciso veramente oppure no.
Se è stato ucciso veramente solo per girare la scena di un film, io disapprovo. Così come ho disapprovato la scena di Baaria di Tornatore in cui sgozza dal vivo un bovino, facendolo morire dissanguato, lentamente, sotto gli occhi della telecamera (recandosi apposta in Tunisia perché le leggi italiane non permettono più simili metodi di uccisione, ad eccezione di quella kosher che invece è ancora, purtroppo, permessa... vabbè... a tra poco con un nuovo post che parlerà proprio di religione ed animalismo, diciamo una mia risposta all'articolo di un cattolico).

Comunque sono curiosa più che mai di vedere invece Enter The Void, anche perché in rete ho trovato opinioni davvero discordanti. Chi lo reputa un capolavoro, chi un film orribile, e quando un film divide così nettamente pubblico e critica l'unica cosa che si può fare è vederlo con i propri occhi cercando di non farsi condizionare né in un senso, né in un altro.
Ho letto che Noé è anche il regista di Irréversible, film anche questo che fece parecchio discutere e che spaccò la critica. Io di questo ho visto solo alcuni spezzoni, quindi non saprei dire.
Mi sono fatta una mezza idea sui film di questi registi: quei film che basta pochissimo, un niente, un soffio, per far pendere da una parte o dall'altra della bilancia; a destra il capolavoro, a sinistra il fallimento totale. E il film si posizione in mezzo, su un confine sottilissimo che solo la sensibilità individuale potrà decidere se far pendere da una parte o dall'altra.
Mi viene in mente Il cigno nero di Aronofsky. Per me un capolavoro, per altri un tipico esempio di kitsch. Ripeto, conta molto la sensibilità del singolo e anche la capacità del momento di accogliere o meno un'esperienza visiva.

Emmeggì ha detto...

Tornatore è finito a fare quello che merita, le marchette per Esselunga. E dire che ci aveva fatti sognare (inciso: io l'ho pure incontrato a Venezia e gli ho stretto la mano ringraziandolo...ma erano altri tempi! Come quando alle elementari venne l'allora sindaco della mia città, un tale Pillitteri, a farsi fotografare coi bambini...ma le mie maestre lo insultavano a mezza voce e, non bastasse, ci fecero lavar le mani dopo che lui ce le aveva strette!! buona scuola non mente!).
Il solo fatto di uccidere o fare del male per una finalità del genere mi ripugna, anche se non pretendo di giudicare in toto una persona o un'artista in base a atti del genere: semplicemente non guardo, non simpatizzo, non diffondo. Mi era capitato altre volte, ad esempio con un performer teatrale, Jan Fabre (da verificare nel merito, ma comunque mi ero allontanato e punto). Su Noè magari mi informerò, visto che mi piacerebbe proseguire la sua conoscenza. All'interno di Enter the Void ci sono scene forti, e attenzione perchè alcune parti potrebbero anche urtare la sensibilità, colpire forte ma, di certo, non ci sono bestie trattate male

Rita ha detto...

@ emmeggì

Vedi che tutto torna, in qualche modo? ;-)

Di Jan Fabre (e dell'uso degli animali nell'arte in generale), ho parlato proprio qui:

http://ildolcedomani.blogspot.com/2011/09/in-arte-tutto-e-permesso.html

DoraB ha detto...

Sono perfettamente d'accordo con Emmeggì: Enter the Void è un film da non perdere, ma allo stesso tempo le persone che decidono di vederlo devono essere consapevoli del fatto che si troveranno di fronte scene forti, a volte anche troppo. Il segreto, però, come diceva anche Emmegg* è quello di lasciarsi trasportare completamente dal flusso delle immagini, dei suoni e dei colori.
Ad ogni modo per chi fosse incuriosito dalla pellicola e volesse vederla, segnalo che è presente su Own Air (la nuova piattaforma current in download) dove è possibile acquistare la versione originale ad un prezzo davvero ragionevole (in più si può scegliere anche di scaricarlo in lingua originale).
Ciao a tutti!

InLeagueWithSeitan ha detto...

Questo post è davvero interessante, penso che lo leggerò più volte e ci mediterò su!
Ma lo sai che anche io sono nata a 7 mesi? Sono stata pure io una gravidanza a rischio, mia madre ci ha passato i mesi in ospedale, e poi sono nata ad Agosto invece che ad Ottobre! Tu col freddo fuori, io con un caldo soffocante!

Vuol dire che siamo le Elette. ahahahah

Rita ha detto...

Ah, vedi che coincidenza. ;-)
Io penso che se siamo sopravvissute nonostante le varie difficoltà sin da quando eravamo nel ventre di nostra madre, forse ne doveva valere davvero la pena. :-D Beh, diamoci da fare per dimostrare che è davvero così. ;-)