mercoledì 21 dicembre 2016

Il lato oscuro di Telethon e della ricerca basata sulla sperimentazione animale


Questo post l’ho già scritto mille volte. Nel senso che ne ho scritti altri come questo e che alla fine le cose da dire sono sempre quelle. Ovvie, direi. Ovvie a me e a qualsiasi persona per cui il concetto di “rispetto degli animali” sia qualcosa di più di una semplice frase fatta. Cioè, voglio dire, mi sembra assurdo stare qui a ribadire nel 2016 che gli animali siano individui senzienti, soffrano esattamente come noi (non in misura minore, questa è una delle giustificazioni che la nostra specie ha sempre usato per opprimere il diverso) e che la sperimentazione animale sia qualcosa di molto cruento e invasivo. 
Ciononostante continuerò a scrivere questo post finché anche un solo individuo verrà tenuto dentro una gabbietta per essere poi fatto ammalare, quindi testato, quindi ucciso, o a causa della malattia che gli è stata artificialmente indotta o alla fine del test (tramite decapitazione, in alcuni casi, come è per i topi, o dislocamento cervicale o altri metodi non meno brutali).  
E come in ogni altro post precedente non mi addentrerò nelle tante ragioni dell’antivivisezionismo scientifico, primo perché non essendo una biologa o medico mi verrebbero contestate (sebbene abbia letto molto in materia, nonché assistito a diverse conferenze di persone preparate ed avendone pienamente afferrato i concetti, non sarei comunque in grado di riportarne le parole esatte). Mi limiterò a dire che in tutti gli animali su cui si fa ricerca e si testano farmaci, la malattia viene indotta artificialmente, ossia si fa in modo che l’animale abbia sintomi simili a quelli della malattia che si pretenderebbe curare, ma l’eziologia è per forza di cose diversa. Un conto è ereditare una rara malattia genetica che presenta alcuni sintomi ben precisi, un altro è indurne i soli sintomi in un paziente sano, di specie diversa e che, come è nel caso di ratti e topi, vive un numero di anni enormemente inferiore a quello della nostra specie, per cui lo sviluppo e decorso dei sintomi avviene anche in tempi diversi. C’è poi enorme bibliografia in materia che spiega come molte farmaci si siano rivelati dannosi per l’uomo a posteriori, anche se il test sugli altri animali andava bene; e, cosa peggiore, accade anche il contrario: una sostanza letale per un topo, coniglio, cane o macaco potrebbe essere invece tollerata nella nostra specie - e magari potrebbe dare ottimi risultati o fornire spunto per l’evoluzione della ricerca -, ma non lo sapremo mai perché verrà scartata a priori. Detto in sintesi: la ricerca basata sugli animali procede con metodi ormai superati e antiquati, pieni di falle e incertezze, ed è autoreferenziale; ossia pretendendo la validazione dei metodi sostitutivi tramite i suoi vecchi parametri, praticamente rimane incastrata in un paradosso scientifico. Inoltre i metodi sostitutivi, ormai moltissimi (siamo andati sulla luna, abbiamo progettato computer sofisticatissimi e altrettanti passi da gigante son stati fatti in questo campo), non ricevono abbastanza fondi per essere portati avanti, essendo destinati tutti a quella tradizionale. 
Il motivo è semplice: per ogni nuova pratica rivoluzionaria e moderna bisogna anche ricevere un certo tipo di formazione, mentre la classe dei ricercatori ancora studia sul vecchio modello animale e fa carriera su questo; le case farmaceutiche hanno bisogno di un lasciapassare giuridico ogni volta che immettono un nuovo farmaco in commercio (anche se si tratta dello stesso, ma magari hanno modificato o aggiunto un eccipiente o migliorato la formula del prodotto) e questo è ottenuto solo se si fanno un tot test su animali; ovviamente i test si fanno su varie specie, ma si riportano soltanto i risultati di quelli che danno esito positivo. Ad esempio, se il test sui conigli non passa, non si riporta; se però passa quello sui topi, allora si dice che il tot farmaco ha avuto esiti di buona tollerabilità e non ha avuto effetti collaterali dannosi su questi ultimi. Ora, chiedetevi come mai in ogni farmaco c’è scritto che un tot per cento di pazienti è deceduto o potrebbe avere effetti collaterali seri: questo perché in realtà gli esperimenti sugli animali non danno mai risultati certi. Le case farmaceutiche si parano comunque il sederino ricorrendo alla dicitura che per legge avvisa il paziente di eventuali danni collaterali. 
Questo molto in sintesi. 
Ma la vera ragione per cui sto scrivendo per l’ennesima volta un post contro la vivivisezione (a proposito, il termine è corretto e si usa come sinonimo di sperimentazione animale: così riportano anche l’enciclopedia britannica, americana e la Treccani; del resto gli esperimenti si fanno sugli animali VIVI, qualsiasi tipo di esperimento. Vi tralascio i particolari) è ovviamente quello etico e credo sia necessario perché c’è ancora moltissima confusione e tanta tanta propaganda. In questo periodo ovunque mi giri leggo il nome di Telethon, che usa sempre la solita retorica dei bambini. Se mettesse anche i video degli esperimenti condotti su primati neonati o cuccioli di cane, magari riscuoterebbe meno consenso, però ovviamente le pratiche della vivisezione fanno parte dello stesso mondo sommerso degli allevamenti e dei mattatoi, per cui attorno ai suoi protagonisti e alle sue vittime vige il segreto più totale e si fa grande uso di mistificazione semantica ricorrendo a immagini suadenti che manipolano l’emotività delle persone.
Inoltre, così come è per il discorso della “carne felice”, si mette a tacere la coscienza delle persone avvalendosi della copertura dell’etichetta “rispetto delle norme sul benessere animale”, che è niente di più e niente di meno di un passpartout legislativo dietro la cui nomenclatura continuano a essere perpetrate le pratiche più aberranti. 
Forse non molti sanno che oltre alle migliaia di topini, conigli, cani, gatti, cavalli e primati (babbuini, macachi, scimmiotte cappuccino, fino a scimpanzé) fatti nascere in cattività, avvengono anche catture in natura, specialmente di questi ultimi, cioè i primati, in quanto a causa dello stress, della sofferenza psicologica e fisica non riescono a riprodursi più di tanto. Le multinazionali della sperimentazione vanno in paesi esotici e, pagando i locali pochi spicci (c’è anche sfruttamento umano, quindi) catturano gli individui di varie specie in natura. Catturano famiglie intere. Poi li trasportano in aereo, sottraendoli alla loro vita libera nel loro habitat di origine, e li smistano nei vari paesi europei. Due compagnie aeree che effettuano questi trasporti di animali vivi e che rispedisce indietro in maniera coatta, anche gli extracomunitari – ammanettati come fossero delinquenti – e che difatti boicotto, sono Air France e KLM. 
Oltre ai primati di varie specie, gli animali usati nella sperimentazione sono cani, gatti, maiali, conigli, topi, ratti, rettili, mucche, vitelli, agnelli, pipistrelli e anche animali esotici che hanno qualche particolarità genetica di interesse. 
Questi animali vengono tenuti imprigionati dentro teche, gabbie o altre strutture minuscole. Privati quindi della libertà di movimento e di interazione con i loro simili. Vengono fatti ammalare appositamente: gli vengono provocati danni neurologici, vengono fatti ammalare di stress psico-fisico (gli si scatenano artificialmente, per esempio, depressione e attacchi di panico: ecco, pensate a quante cause endogene e legate al vissuto esperienziale di un individuo umano possono esserci nello sviluppo di una depressione e quanto essa sia singolare e tipica in ciascuna persona che ne soffre; e a come invece venga trattata solo sintomatologicamente provocando l’insorgenza dei suoi effetti primari con metodi indotti su migliaia di individui diversi; metodi quali la privazione del sonno, l’immobilità forzata, scosse elettriche ripetute per causare stress e dolore continuo, la privazione di ogni stimolo sensoriale e via dicendo; sintomi che però non corrispondono all’eziologia dello sviluppo e decorso di una malattia in un individuo umano che ha altre problematiche); e ancora, gli si fanno inalare, ingerire o vengono messi a contatto con sostanze chimiche velenose, gli si fratturano arti, gli si inoculano tumori e altre aberrazioni.
Ora, ditemi voi se sottoporre individui sani a queste atrocità non sia l’equivalente di una tortura. 
Chiedetevi sempre: e se fossi al suo posto? Cosa penserei di questa pratica se al posto di un babbuino ci fosse un essere umano? Forse il dolore è diverso? Forse la diversità di specie può giustificare la tortura, l’oppressione, lo sterminio? Badate bene, il rispetto degli altri animali si base sulle stesse motivazioni per cui abbiamo ritenuto che il razzismo o il nazismo fossero concetti abominevoli.
Nessuno scopo può legittimare tanto dolore e l’abuso così totale dei corpi di altri animali. 
Noi ci ammaliamo, sfortunatamente ed è sacrosanto che si faccia ricerca, ma non sulla pelle sana di cani, gatti, scimmie, cavalli e tantissime altre specie. 
Io penso che se tutti avessero la possibilità di vedere simili esperimenti, una riflessione la farebbero. E ci penserebbero due volte prima di donare a quegli istituti che seviziano gli animali. Perché il fatto oggettivo è questo: gli animali usati nella sperimentazione animale subiscono le sevizie più atroci. Ci sono altri istituti e fondazioni che si possono sostenere economicamente, che fanno ricerca contro il cancro e malattie genetiche rare e che però non torturano animali, ma usano moderni metodi sostitutivi. 
All’obiezione che chi è contro contro la vivisezione allora non dovrebbe curarsi, rispondo che il diritto alla cura è anche un mio diritto e finora purtroppo non ho avuto scelta, ma che proprio per non essere più complice di questo crimine sugli altri animali, chiedo che la scienza interroghi se stessa e metta in discussione i suoi metodi, ormai non più compatibili con quanto sappiamo dell’etologia degli altri animali, ossia che sono individui diversi da noi, ma non per questo deficitari in termini di esperienza del mondo, capacità di sentire, soffrire, stringere relazioni ecc..
La scienza ha fatto progressi solo quando ha messo in discussione se stessa. La ricerca basata sulla vivisezione invece è come un dogma religioso. Si continua a ripetere alle persone poco informate o vittime della propaganda pubblicitaria che chiede fondi che essa sia necessaria e addirittura incruenta. Ma andiamo, come può essere incruenta una pratica che già dalle sue basi – la detenzione di individui dentro stabulari – è puro esercizio di dominio e causa della privazione delle anche più basilari esigenze etologiche, come muoversi, correre, interagire con i propri simili e semplicemente godersi il sole e il vento sulla pelle? Come può essere ritenuto incruento far ammalare un cane di tumore o causargli artificialmente danni neurologici? Come può esser ritenuto incruento prenderlo e usarlo, immobilizzarlo, farlo ammalare e poi sottoporlo ogni giorno a vari tipi di esami? Avete presente la paura che ha il vostro cane, gatto quando viene portato dal veterinario? O lo sguardo spendo degli animali malati ricoverati nelle cliniche? Ecco, moltiplicateli per mille. Questi animali non hanno nessuno che li conforta, che li protegge, che gli allievi un minimo le pene. E pensate che gli vengano somministrati anestetici o antidolorifici? Ma prima di donare a certe istituzioni vi siete mai veramente informati e avete mai letto i vari protocolli di ricerca e la legislazione in materia? Lo sapete che c’è una legge, cui si ricorre praticamente sempre, che dice che si possono fare esperimenti sugli animali senza anestesia se il protocollo lo richiede? Una deroga cui si ricorre quasi sempre, pure perché gli anestetici costano e ovviamente la vivisezione, che l’apoteosi massima dello sfruttamento del vivente, deve ottimizzare soldi e tempo.
Questi protocolli sono segreti o, come nel caso della diffusione di alcuni di essi, qualche anno fa, sono pubblici, ma ovviamente tenuti all’oscuro dal pubblico. Se non si da dove andare a cercare qualcosa, nemmeno la si troverà mai.
Vi siete mai chiesti come mai non vengano mai mostrati questi esperimenti e nessuno, nemmeno i giornalisti, abbiano accesso agli  stabulari e laboratori?
Secondo voi è democratico sapere che vengono raccolti fior di milioni senza sapere esattamente come vengono utilizzati, se non come parole generiche che non spiegano nel dettaglio i test e gli esperimenti e non menzionano esattamente la specie e il numero di individui usati e poi uccisi?
Non avremmo il diritto di sapere cosa avviene a porte chiuse? Di vedere questi animali, se è vero che vengono trattati con rispetto?
Alla seconda obiezione, che allora dovremmo essere coerenti e anche non mangiare gli animali, non vestirci di pelle e non comprare nulla che preveda il loro sfruttamento, rispondo che ovviamente dovrebbe essere così perché per alcun motivo dovrebbe essere giustificato lo sfruttamento di altri individui senzienti (l’antropocentrismo è concetto superato da un pezzo), ma anche chi non è vegano e antispecista comunque può sentirsi in diritto di chiedere la fine della vivisezione, nel momento in cui ne riconosce l’immensa crudeltà. Del resto ognuno di noi è in costante formazione, si pone domande e compie delle scelte. Molti arrivano a delle risposte parziali, ma è già un primo passo. Inoltre, quando si è contro la guerra, il genocidio di una popolazione (come quello in Siria) o contro lo sfruttamento di persone e ci si attiva, nessuno ci viene a dire “ah, ma allora dovresti anche smettere di andare in auto, di usare energia derivata dal petrolio e di comprare questo e quell’altro”. Invece si fa quel che si può perché opporsi a una pratica ritenuta ormai obsoleta e crudele è comunque un dovere, a prescindere dal resto delle innumerevoli ingiustizie che avvengono costantemente nel resto del mondo. Lottare contro un’ingiustizia, non vuol dire approvare o fregarsene delle altre. 
Gli esperimenti sugli animali sono una cosa da nazisti. Anche concettualmente: ossia stabilire una gerarchia del vivente e usarne alcuni per privilegiarne altri. 
Informatevi. Non bevete i messaggi falsi e distorti della pubblicità e della propaganda che sostiene la tortura su migliaia di animaletti innocenti. 
Guardatevi qualche video, comprate libri, leggete protocolli, chiedetevi come vengano fatti ammalare questi animali e cosa gli vien fatto. 
Il dominio totale su altri corpi è sempre sbagliato. Non sono i nostri corpi, questi degli altri animali, appartengono a loro. 
C’è un limite alla libertà di ognuno, che è quella dell’inizio del corpo dell’altro, qualunque sia la sua morfologia, specie e colore della pelle.

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