venerdì 25 maggio 2018

Non sono un uomo facile


Immaginate una società in cui gli uomini vengano trattati e considerati allo stesso modo in cui oggi vengono trattate e considerate le donne. 
Oggetti del desiderio, condizionati a dover apparire belli, seducenti, in forma, a depilarsi, tingersi i capelli e le unghie, curarsi e vestirsi secondo i canoni della bellezza del momento; ossessionati dalla paura di ingrassare, oggetto di sguardi, battute e molestie femminili; relegati a ruoli lavorativi minori e considerati sciocchi e sentimentali; liquidati come "incapaci di stare al gioco e capire l'ironia" ogni qual volta provano a ribellarsi a una battuta sessista, a un comportamento sessista, a una frase sessista.
È la realtà parallela in cui, dopo una botta alla testa, si trova il protagonista maschile della commedia francese "Non sono un uomo facile": un film divertente in grado di coniugare leggerezza e profondità. 
Fa sorridere, ma mette a disagio perché, ribaltati sul genere dominante, i comportamenti e i valori della società patriarcale risaltano in tutta la loro ingiustizia. Ciò che appare naturale, ma che in realtà è cultura che è stata "naturalizzata" per il mantenimento del privilegio, viene messo a nudo ed evidenziato nella sua vera natura di oppressione.
Ho sempre pensato che per capire quanto sia realmente diffusa la discriminazione di alcuni soggetti bisognerebbe mettersi nei loro panni dalla mattina alla sera: essere loro, vivere come loro nel quotidiano e immaginare questo quotidiano nell'arco di una vita intera; in particolare, per quanto riguarda le donne, sin da quando la cultura della differenziazione di genere si imprime come un marchio nelle loro giovani menti facendole sentire sempre giudicate, inadeguate, mai abbastanza capaci, in poche parole, inferiori; e, quel che è peggio, portandole appunto a credere naturale tutto ciò, come se non fosse il frutto della cultura, ma una specie di stigma biologico. 
Questa commedia aiuta a mettersi nei panni delle donne, o meglio a vedere come la società le tratta. 
Non vi aspettate un capolavoro, ma non è un film stupido ed ha un finale perfetto.
La prime scene dal momento in cui il protagonista si trova catapultato nella realtà parallela sono anche le più emblematiche: improvvisamente diventa oggetto d'attenzione di sguardi femminili e mentre cammina per strada gli vengono rivolte frasi apparentemente ingenue, ma che ne reificano la persona e che sono fastidiose e umilianti per chi le subisce, anche se ci hanno insegnato e credere che siano "soltanto complimenti" e che magari dovremmo anche ringraziare e "stare al gioco" (ma il gioco di chi?): "ciao bambolina, che bel sorriso, complimenti alla mamma, bel culo, belle tette, e così via".

Piccola nota personale: ieri, mentre ero in una sala d'attesa, ho sfogliato una rivista femminile; una di quelle che ho sempre giudicato non impegnate, esempi di pessimo giornalismo, ma comunque abbastanza innocue. Invece improvvisamente è come se avessi preso la "pillola rossa" e visto la natura profonda di quelle immagini, linguaggio, pubblicità e ne avessi intuito la devastante pericolosità. Nulla è fatto a caso. Tutto manda un messaggio, più o meno recepibile a livello conscio. Queste riviste strumento di propaganda con cui l'ideologia maschilista e la società patriarcale di sempre definisce i ruoli femminili senza minimamente metterli in discussione. Ci si rivolge alle donne come se fossero esseri incapaci di pensare, scegliere, decidere. Gli si dice come vestirsi, quali prodotti devono comprare per essere belle e via dicendo. 
In particolare mi ha atterrito la risposta di una psicoterapeuta di coppia a una donna che lamentava il distacco del marito e la preoccupazione per averlo visto chattare con un'altra. La premessa era: abbiamo tre figli e dopo aver lavorato, cucinato, badato ai bambini, sono stanca e non riusciamo a fare sesso con una certa regolarità.
I consigli che questa psicoterapeuta le ha dato sono stati allucinanti, riassunti nella frase: pure se sei distrutta da una giornata di lavoro, accogli tuo marito vestita in modo carino, sorridente, non farti trovare in tutta, mettiti un po' di rossetto e dedicati anche a lui, non solo ai figli. Rivista del 2018, non degli anni cinquanta. Eppure non è cambiato nulla nella mentalità non solo maschile, ma anche di tante donne.
Lo trovate su Netflix.

2 commenti:

Giovanni ha detto...

L'ho visto anche io il film, come sai Rita.Sono d'accordo su quel che ne scrivi. Per unmaschio, l'esperienza della visione di una soria a ruoli rovesciati, e la conseguente pillola rossa, sono davvero devastanti. Ho provato un autentico shock e birividi e disgusto: ho pensato che alle donne questa società faccia vivere un autntico inferno. Praticamente, è come se non avessero mai nemmeno un minuto libero da una qualsivoglia forma di controllo maschile/patriarcale, anche quando l'apparenza sembra dire di no.
Ti garantisco che dopo la visone di uesto film, se si è uomini minimamente pensanti (non dico sensibili) non possono non balzare agli occhi le miutissime e infinite manifestazioni di discrimnazione, fin dal giorno dopo averlo visto!
Per esempio: sono andato in un ufficio, accompagnando una mia amica. abbiam parlato con un impoegato mascho, ma nella stessa stanza c'erala segretaria, che sapeva prima e meglio le informazioni che ci servivano e che, quando ha portato alla scrivania dei documenti, non ha avuto il minimo cenno di ringraziamento dall'impoegato! Lo stesso impiegato, poi, ascoltava le domande che faceva la mia amica (era lei la interessata), ma le risposte le dava guardando me!

Forse son cose episodiche, anedottiche, ma le ho trovte sconvolgenti

A cascata, poi, ho pensato: chissà un film visto dal punto di vista di uno schiavo animale, che effetto farebbe? Diciamo dal punto di vista di un pet?

Grazie per la tua recensione, questo film merita la massima attenzione

Rita ha detto...

Grazie a te Giovanni.
Guarda, nella mia esperienza posso dirti che anche noi donne non siamo pienamente consapevoli del modo in cui la società ci tratta e del ruolo in cui ci fa identificare poiché, avendo appreso questo ruolo sin da bambine, finiamo per "naturalizzarlo". Certe cose le sto capendo adesso, come se veramente avessi preso la famosa "pillola rossa". Mi sono sempre definita una femminista, ma lo ero in modo poco consapevole, esattamente come quando, pur mangiando ancora animali, mi definivo animalista.

Sono molto felice che ci siano anche uomini come te, sensibili e disposti a mettersi in gioco perché hanno capito che la società patriarcale non è giusta e non lo è nemmeno per loro.