sabato 19 maggio 2018

Resistenze

Il carnismo è talmente radicato e interiorizzato che, non di rado, continua a resistere anche nella mente di alcune persone che si definiscono vegane e antispeciste.

Ma come fare a smascherare questi condizionamenti e pregiudizi che ancora resistono, impedendoci di fare scelte davvero consapevoli? Chiedetevi, per esempio, in che modo continuate a considerare alcuni cosiddetti "prodotti" come le uova, il formaggio, il latte, il burro. Una prima considerazione da fare è che sia ovviamente più difficile associarli alla violenza che invece subito ci si spalanca davanti agli occhi nel momento in cui vediamo un pezzo di carne, in quanto i primi non sono pezzi di animali uccisi, ma prodotti derivati dal loro sfruttamento; anche se sappiamo esattamente come sono stati ottenuti, quel "prodotto" non ci colpisce emotivamente allo stesso modo di un pezzo di carne sanguinolento. La violenza rimane occultata, più invisibile. 
Fortunatamente, quando facciamo delle scelte, ricorriamo anche alla razionalità. Non siamo soltanto attori irrazionali (anche se molto di più di quanto pensiamo), ma ragioniamo e mettiamo a frutto le nostre conoscenze. Questo processo di apprendimento è ciò che ci ha fatto decidere di diventare vegani: a un certo punto abbiamo scoperto cosa si cela dietro la realtà produttiva di uova e latticini e quindi, razionalmente, abbiamo deciso di non voler più essere complici di tali pratiche attraverso il nostro acquisto e consumo.
Ma, per moltissimo tempo, ossia da quando siamo nati, siamo stati fortemente condizionati a considerare latte e uova come prodotti, come cibo e questo condizionamento è talmente resistente da superare, talvolta, ciò che abbiamo appreso a livello razionale.

È il motivo per cui molti vegani continuano a non trovare nulla di male nel mangiare uova se prese (rubate) a galline non sfruttate (a parte che sottrargliele gli crea comunque un danno psicologico e fisico), e ad autogiustificarsi per eventuali "cedimenti" nel mangiare i derivati.

Ora, vorrei fosse chiaro che questa che sto facendo non è una riflessione che ha a che vedere con una sorta di purismo vegano, né è un modo per giudicarci a vicenda su chi è più vegano di chi. Lungi da me. Ognuno fa quel che può. Ma vorrei fosse altrettanto chiaro che continuare a considerare uova e latticini come prodotti, come alimenti, significa non aver ancora interiorizzato il discorso della liberazione animale e continuare a vedere, inconsciamente, questi individui animali che diciamo di voler liberare da pratiche di dominio varie, come produttori di qualcosa da cui noi potremmo trarre vantaggio. Chiedetevi se vi verrebbe mai in mente di considerare alimento commestibile il latte di una femmina umana (a meno che non siate un neonato), o di una cagna o di una scrofa; chiedetevi se vi verrebbe mai in mente di considerare alimento commestibile le uova di un gabbiano (eppure sono belle grosse e scommetto che il sapore sarebbe altrettanto buono di quelle di gallina). Credo di no. E sapete perché? Perché nella nostra cultura questi animali non sono stati mai considerati produttori di uova e latte. Mentre continuate invece a considerare cibo il latte e le uova, rispettivamente di mucca e gallina.

Altra considerazione che dà sostegno a quanto sto dicendo è che le argomentazioni di alcuni vegani per giustificare il loro mangiare talvolta latte e uova sono identiche a quelle dei carnisti quando vogliono giustificare il mangiar carne; rientrano nella cosiddetta etica al ribasso e impossibilità di vivere a impatto zero.
Faccio un esempio: - eh, ma anche per produrre insalata si uccidono insetti; - eh, ma allora tu cosa dai da mangiare ai tuoi gatti? Che sono analoghe a quelle del carnista medio: - eh, ma quando cammini pesti gli insetti, anche la quinoa produce un alto impatto ambientale e il cellulare che usi causa sfruttamento; - anche il leone mangiare la gazzella; - vorrei vedere che mangeresti se fossi su un'isola deserta.

Voglio dire, se queste fossero argomentazioni valide, allora tanto varrebbe mangiare anche animali, come esattamente ci dicono i carnisti. Ma sì, ma mangiamoci pure tra di noi perché può capitare che per caso investi uno con la macchina e lo uccidi e allora a quel punto, tutti colpevoli, no? Peccato che NON siano argomentazioni valide perché tra uccidere un insetto in modo non intenzionale e allevare, sfruttare e uccidere animali per trasformarli in prodotto c'è una differenza morale enorme, così come tra l'atto predatorio per necessità del leone e la scelta di gola o di altre giustificazioni varie della persona che può benissimo fare a meno di mangiare animali e derivati.

Tutto questo per dire quanto il carnismo sia resistente, quanto sia difficile sottrarsi a determinati condizionamenti che abbiamo interiorizzato come normali sin dalla nascita e quanto, nonostante siamo attivisti, alcuni di noi continuano a considerare cibo il latte e le uova.

Non ho scritto questa riflessione per giudicare, ma per comprendere e analizzare.

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