venerdì 18 novembre 2016

Dialoghi tra animali


- E così sei vegana?

- Mah, guarda, non mi piace molto definirmi così, preferisco dire che non mangio gli animali e i prodotti del loro sfruttamento. Perché gli animali sono individui come noi. Diversi da noi, ma anche come noi nel senso della capacità di sentire, voler stare al mondo, correre, ricercare il piacere e sfuggire il dolore, avere relazioni, tanto per dirne qualcuna.

- Sì, ma insomma sei vegana. Quello che non mi piace di voi vegani è che pretendete di dire agli altri cosa devono o non devono mettersi nel piatto. E per di più giudicate, anche. 

- Capisco quello che intendi. Ma la vedi così solo perché tu hai una visione limitata della questione. La limiti a quello che ti metti nel piatto. E mi rendo conto che purtroppo è anche la maniera in cui si fa informazione che conduce a questa visione limitata. Il motivo per cui non mi piace essere definita vegana è proprio questo. A me non interessa parlare di come sono io, di cosa fanno o dicono i vegani. Il veganismo, in sé, è una banalità. Ma allo stesso tempo, per quello che c’è dietro, apre a un sacco di questioni. Nel senso che è solo, banalmente, una conseguenza dell’aver preso atto di una questione molto più grande. Immensa, macroscopica. E questa è la questione animale. Ossia riguarda la maniera in cui noi trattiamo gli altri animali. Mette in discussione ciò che abbiamo sempre creduto: vale a dire che gli animali esistano per essere sfruttati e mangiati da noi, anziché come individui unicamente soggetti della loro stessa vita, quali dovrebbero essere.
Quindi, tornando all’obiezione che mi poni, nel momento in cui tu la smetti di pensare a quello che hai nel piatto, ma apri gli occhi e inizi a vedere cosa c’è dietro, ti si spalanca un altro mondo e capisci quant’è grossa la questione. Insomma, non stiamo parlando di pizza e fichi, capisci, ma di giustizia. Sì, giustizia sociale.

- Mi sembra esagerato. Con tutti i problemi che ci sono nel mondo. Capisco che sia sbagliato maltrattare gli animali, ma non è il problema cardine delle nostre società.

- Ed è qui che ti sbagli. Innanzitutto, se una cosa è sbagliata, lo è anche se è solo una delle tante ingiustizie del mondo. Secondo poi, la maniera in cui trattiamo gli altri animali sta alla base di tutta una serie di valori e considerazioni che ne discendono. Ma se anche non fosse così, a me pare che massacrare circa cinquemila individui ogni secondo per trasformarli in bistecche senza che ce ne sia alcun bisogno, non sia proprio un evento trascurabile. 

- Sicura che non ce ne sia bisogno?

- Ecco, qui entriamo in gioco noi vegani. Una  volta tanto a ragione. Siamo la prova vivente che si può vivere benissimo facendo a meno di salami e mascarpone. E non solo in occidente, dove il cibo abbonda, ma anche nel resto del mondo. In fondo l’India ha sempre avuto una percentuale elevatissima di vegetariani e in molte terre africane si coltivano già cereali come il riso o legumi come la soia che potrebbero sfamare interi popoli, se non venissero dati agli animali negli allevamenti. Quindi, questa della necessità di mangiare carne per fame o per motivi di salute è una menzogna, o meglio, un falso luogo comune duro a morire. 

- OK. Ma non tutti sono interessati agli animali. Perché a me dovrebbe interessare del destino di una mucca?

- Anche qui, se mi fai questa obiezione è perché hai una visione limitata del problema. La questione del rispetto degli altri animali non riguarda solo chi ama gli animali, i cosiddetti animalisti, ma dovrebbe riguardare chiunque si fregi di essere una persona rispettosa e con un minimo di dignità. Come può una persona che si reputi un minimo altruista poter permettere che miliardi di individui subiscano ogni giorno violenze inenarrabili senza muovere un dito? Anzi, peggio, come può continuare a partecipare a questo sistema di violenza sistematica senza che mai la sua coscienza ne venga un minimo scalfita? 
Oggi sappiamo tantissime cose sui macelli e gli allevamenti. Sappiamo cosa accade al loro interno e nessuna persona adulta e smaliziata – ossia che abbia smesso di credere a Babbo Natale da un bel pezzo – può davvero pensare che gli animali siano trattati e uccisi con rispetto. Andiamo, è un meccanismo psicologico basilare: per uccidere qualcuno ti devi convincere che lo meriti, che valga meno di te e di me, che sia… poco più di un oggetto. E spesso per sminuire l’idea che si ha di questo qualcuno si ricorre a ogni genere di espediente come l’umiliazione, la privazione della sua etologia, la derisione, lo scherno. Le botte. Ma questa è follia. Gli animali sono creature che non ci hanno mai fatto nulla di male e che provano persino sentimenti di curiosità e affetto verso di noi. Perché mai dobbiamo usare così tanta violenza su di loro?

(Continua).

Immagine di Andrea Festa.



11 commenti:

Lorenzo ha detto...

Tutto molto bello, per fortuna non c'è bisogno che abbia una qualsiasi utilità.

Vado a spiegarmi: i "vegani", in generali tutti i proponenti di utopie, possono esistere solo in un contesto dove loro stessi sono stati sollevati dal bisogno. Sono stati sollevati dal bisogno da ALTRI e questi altri, facendosi il proverbiale culo, gli consentono di immaginare le utopie.

Fintanto che esiste un surplus complessivo di risorse, nessun problema, esistono gli utopisti cosi come esistono gli invalidi.

Quando le risorse scarseggiano invece si pone il problema di distribuirle con una certa priorità. Contrariamente al discorsetto di cui sopra, i "vegani", cosi come gli utopisti in generale, sono i meno adatti alla sopravvivenza, sono mentalmente invalidi, quindi sono i primi ad estinguersi. Cosa che tra l'altro è nell'interesse della specie, che non si è evoluta con le utopie, si è evoluta inventando, costruendo ed usando armi per uccidere, in un universo dove il lupo mangia l'agnello e mangia anche il "vegano".

Allora, il "vegano" dovrebbe dire che più o meno consapevolmente si pone come un peso che l'umanità deve trascinare avanti. Lo fa perché la premessa consiste proprio nel rinnegare le premesse, ovvero che le risorse siano limitate e che le risorse dipendono dall'atto di uccidere, un meccanismo che esisteva da molto prima che comparissero i primi uomini e che continuerà presumibilmente quando la specie umana sarà estinta.

Sai chi mi ha suggerito questo ragionamento? Il ragno che sta succhiando la mosca intrappolata nella sua ragnatela. A quanto pare non esistono ragni "vegani" e non gli importa delle sofferenze della mosca a cui succhia liquidi e organi interni mentre è ancora viva.

Rita ha detto...

Ciao Lorenzo. Ma sai che stavo in pensiero? Mi mancavano le tue simpatiche trollate. ;-)

Lorenzo ha detto...

Resto in attesa di una replica nel merito, ovvero come si propongono i "vegani" di esistere in un universo "non-vegano".

Sopratutto come pensano di potere esistere al difuori delle comodità che gli vengono garantite dall'umanità "non-vegana".

Contrariamente a quanto scritto sopra, non mi risulta che sia mai esistita nella storie della specie umana una cultura "vegana". Anche gli indigeni delle aree sub-tropicali, che pure godono di un clima relativamente stabile, si organizzano in comunità di cacciatori-raccoglitori. Sarà che sono mentecatti e non sanno che coltivando con la soia si rimedia a tutto.

Rita ha detto...

Esattamente come vivono tutti coloro che portano avanti una battaglia di giustizia. Mangiare un piatto di pasta con dei legumi anziché con la pancetta e non andare al circo (ho fatto due esempi a caso) non mi pare così difficile. Chi ha tempo e mezzi si può anche dedicare all'autoproduzione.

Lorenzo ha detto...

Qui abbiamo introdotto due concetti non omogenei.

Il concetto di "giustizia".
Il concetto di "mangiare un piatto di pasta".

Sul primo concetto non posso dire nulla, per esempio in teoria potresti dire che per te è giusto tagliare un braccio o aggiungere un braccio a tutti quelli che si chiamano Luigi e sarebbe uguale. Il fatto è che non mi risulta che tra i meccanismi che agiscono nell'universo ci sia niente che sia "giusto". Ergo, l'idea di rendere l'universo "giusto" mi sembra una ambizione un attimo poco realistica, perché come dicevo il ragno mangia la mosca e da li devi partire.

Sul secondo concetto invece è ovvia l'obiezione. Tu puoi mangiare la pasta se e solo se si verificano tutta una serie di eventi interconnessi che ti rendono disponibili tutti gli oggetti e l'energia necessari. Se tu fossi nuda in un campo e dovessi partire dall'andare in giro a cercare il grano da seminare per poi mietere e fare la farina, poi cercare la argilla per fabbricare il piatto e prima i mattoni del forno per cuocere il piatto, eccetera eccetera, saresti morta molto prima di mangiare la pasta coi legumi. Come dicevo, non è mai esistita una società "vegana" sulla terra. Gli animali da sempre e ovunque sono stati adoperati non solo come fonte di alimento ma anche come fonte di materia prima e di forza motrice. Senza il bue aggiogato ti tocca tirare l'aratro con le tue braccine e credimi, oltre la fatica, ci vuole molto ma molto più tempo. Idem per macinare il grano, eccetera. Le culture delle Americhe che incontrarono gli esploratori europei vivevano in uno stato neolitico perché tra le altre sfighe erano anche limitati dal fatto che non esistevano animali di grossa taglia da potere addomesticare, niente equini, niente bovini, ergo meno risorse e niente forza motrice.

I "vegani" sono un sottoprodotto della nostra civiltà decadente e post-industriale. Possono esistere solo all'interno di questo contesto. Appena ne esci, scopri che la gente i cani se li mangia, come i nostri antenati che mangiavano gatti e topi, quando non c'era altro.

Rita ha detto...

Tu insisti a parlare dei vegani. A me non interessa (che è quello che ho cercato di dire in questo post).
Il ragno uccide la mosca perché altrimenti morirebbe. Mentre l'animale homo sapiens può fare diversamente e oggi ha concretamente e realisticamente a disposizione un sacco di alternative. Non ha senso che tu porti esempi che non sono più attinenti alla realtà odierna.
Chi se ne frega di quello che facevano i nostri antenati, scusa. Vivi ancora in una caverna allora? Da quando il comportamento degli uomini primitivi è fondante per stabilire come si debba vivere oggi?

Lorenzo ha detto...

Gli uomini primitivi non vivevano nelle caverne, ci andavano per compiere delle cerimonie, erano luoghi sacri.

L'uomo sapiens si è evidentemente evoluto in climi subtropicali, perché non ha una pelliccia. Noi due moriremmo se fossimo esposti al clima italiano in inverno senza alcuna tecnologia. Quindi gli uomini primitivi prima hanno vissuto all'aria aperta, poi quando hanno colonizzato ambienti ostili, hanno sviluppato la capacità di conservare il calore del corpo e per farlo ci sono due modi, quello più semplice è indossare la pelliccia di altri animali, quindi di ucciderli e scuoiarli. Molto più tardi gli antenati hanno imparato ad allevare gli animali quindi a tessere la lana e a coltivare i campi, quindi a tessere fibre vegetali. Per costruire qualsiasi arnese servono ossa, denti, dei lacci di cuoio, per fare la corda dell'arco serve il budello e cosi via.

Non solo. Noi non siamo capaci di esistere semplicemente elaborando la luce del sole e le sostanze disponibili nell'ambiente come fanno le piante. Discendiamo da una linea evolutiva che comincia con antenati estremamente primitivi che mentre fluttuavano nelle acque dei primi oceani, escogitarono l'espediente di cibarsi di altre forme di vita perché questo rendeva disponibile più energie e più nutrienti, permettendo di essere molto più attivi ed evolversi più rapidamente. Non abbiamo affatto "un sacco di alternative", ne abbiamo solo due. Una consiste nel conservare le abitudini degli antenati, l'altra nello sviluppare, con enorme dispendio di risorse, dei prodotti sintetici che sostituiscano quelli naturali.

La tua "realtà odierna" presuppone che esista tutta le tecnologia che ti fa trovare il tofu nel supermercato. A te non importa nulla come ci arriva il tofu nel supermercato ma questo è un modo di pensare estremamente limitato.

Rita ha detto...

Poraccio. Come stai messo Lorenzo.
Di sabato sera, a mezzanotte, a trollare nei blog.

bddcte ha detto...

Ciao Rita! :) Son Buddy Dacote, quello che aveva detto che faceva un profilo per commentare il blog. :)

Lorenzo, posso chiedere a proposito del primo commento, a che tipi di risorse tendenti a scarseggiare si fa riferimento?

Rita ha detto...

Ciao Buddy, bentrovato!

Non dare troppo retta a Lorenzo, scrive per provocare e spesso è anche offensivo, sia nei confronti di chi scrive e commenta, che, ovviamente, degli altri animali. La sua strategia è scrivere ogni tanto qualcosa di sensato, per poi metterci in mezzo provocazioni. Per esempio dice che gli animali come cani e gatti sono giocattoli creati dall'uomo, anzi, da uomini che hanno problemi mentali poiché avrebbero questi bisogni assurdi di accudirli.
Rispondergli ha comunque una sua utilità: esercizio dialettico. Ma non perderci tempo.

bddcte ha detto...

D'accordo. A presto. ;-D