sabato 5 novembre 2016

Numeri o individui? Una riflessione sul riduzionismo.



Ne avevo già parlato in un altro post, ma mi preme l'urgenza di ribadire alcuni concetti.
Il riduzionismo può essere considerato accettabile solo nell'ambito di un percorso individuale, inteso quindi come incoraggiamento per arrivare a eliminare il consumo di ogni tipo di animale e derivato. 
Non può invece essere sdoganato come messaggio da inviare alla collettività, sostanzialmente per due ragioni: parlare di ridurre la carne implica il permanere della condizione e considerazione degli altri animali come cibo e non aiuta il processo di ri-educazione della nostra percezione a vederli quali gli individui senzienti che di fatto sono. Parlare di ridurre la carne significa parlare ancora di animali come cibo, quindi significa di fatto restare dentro il paradigma del carnismo e ostacolare la comprensione del fenomeno quale ideologia indotta culturalmente. 
Secondariamente, la promozione del riduzionismo creerebbe di fatto una frattura nel movimento per la liberazione animale, facendo percepire chi promuove il veganismo - quindi chi invita ad abbandonare ogni tipo di consumo di prodotti derivati dagli animali - come estremista. 
In aggiunta a tutto ciò, non c'è nessuna prova che promuovere esplicitamente il riduzionismo possa favorire la scelta vegana, che è l'unica che si possa dire rispettabile se vogliamo appunto parlare di rispetto degli animali. 
Certamente se sempre più persone facessero la scelta di ridurre intanto il consumo di carne ci sarebbe una drastica riduzione delle vendite, ma restando sempre nell'ottica deprecabile dell'animale come cibo, quindi in un'ottica specista e mercificante. 
Penso che dipenda allora da cosa vogliamo: ridurre il numero degli animali uccisi senza mettere in discussione la legittimità del loro sfruttamento o rivoluzionare la considerazione che abbiamo di essi cominciando finalmente a intenderli come nostri fratelli di vita su questo pianeta? 
Perché delle due, l'una: o riteniamo che sia lecito sfruttarli, schiavizzarli, violentarli, massacrarli riducendo l'orrore a una mera questione di numeri, oppure riconosciamo l'ingiustizia della violenza sui corpi - ogni corpo, a prescindere dalla specie di appartenenza - come oggettiva e non negoziabile, respingendo quindi il concetto che siano i numeri a fare la differenza. La liberazione animale non può essere ridotta o svenduta a un discorso di numeri, cioè quantitativo, ma deve essere qualitativo, ossia deve riguardare l'idea che abbiamo del mondo e della società.
La scelta del riduzionismo implica il restare dentro un discorso legato alla produzione che considera l'animale un semplice numero; la scelta del veganismo invece contempla un cambiamento radicale - anche se progressivo - della società in cui viviamo: una società in cui non esistono numeri, ma solo individui.

Foto trovata sul web di Animals' Angels.

P.S.: oggi ricorre l'anniversario della morte di Barry Horne, di cui avevo parlato qui

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