mercoledì 27 luglio 2016

Un passo avanti e due indietro


Mi sto rendendo conto del perché il movimento per la liberazione animale faccia un passo avanti e due indietro: c'è ancora molta, molta confusione anche in moltissimi attivisti.
Ridurre il tutto al solo discorso della riduzione o eliminazione della sofferenza è sbagliato perché ciò significa che non si sta spostando di una virgola la percezione dello status ontologico degli altri animali che così continuano e continueranno comunque a essere considerati macchine produttrici o prodotti essi stessi. 
Gli animali non devono essere allevati (schiavizzati) perché sono individui che hanno tutto il diritto di non essere oppressi, dominati e uccisi e non perché, semplicemente e banalmente, non devono soffrire. 
Il principio del rispetto della libertà del singolo individuo è qualcosa di più del concetto così come viene attualmente inteso dalle norme giuridiche sullo sfruttamento animale (che lo intende solo come libertà dalla sete, dalla fame e nella soddisfazione di alcune esigenze fisiologiche primarie, ossia nel rispetto dei requisiti della mera sopravvivenza e non già piena esistenza).
L'unico discorso possibile da portare avanti per la liberazione animale è questo ed è per questo motivo che ogni "cambiamento" in un'ottica solo welfarista non può esser considerato un traguardo, bensì un passo indietro in quanto soddisfa unicamente il sistema che ha tutto l'interesse nel continuare impunemente a trarre profitto dagli animali. Finché nella mentalità comune non cambierà l'idea che essi siano macchine e quindi finché si avallerà qualsiasi iniziativa che non muti affatto la loro condizione esistenziale da res a individui, si rimarrà nell'ottica dell'ideologia carnista.
Dobbiamo portare avanti i principi libertari intesi come rispetto dei corpi animali, di tutti gli animali, non quelli della riduzione della sofferenza perché altrimenti si continuerà nel paradosso della macellazione etica, della carne felice e del "rispetto del benessere animale". 
Queste ultime (la carne felice ecc..) sono reazioni che ci si può aspettare dal sistema, ma che vengano sostenute e difese anche dalle associazioni animaliste è gravissimo. Peraltro ciò facendo si spacca il movimento in due con il risultato di far apparire all’esterno i singoli attivisti impegnati nella liberazione animale ancor più come estremisti ed esagerati. 
La gente, là fuori, non vede l’ora di poter dire che non c’è nulla di male nel mangiare le uova di galline allevate a terra perché anche le associazioni animaliste sostengono questa modalità di allevamento.
Peraltro gli allevamenti cosiddetti "estensivi" sottraggono ancora di più le già scarse precarie risorse del territorio contribuendo a inquinamento e sfruttamento del pianeta.
In ogni testo teorico e strategico che ho letto sulla liberazione animale si evidenzia quanto l'unico vero grosso ostacolo che possa sopraggiungere nel cammino della liberazione animale sia quello rappresentato proprio dalla cosiddetta carne felice, allevamento etico e "benessere animale"; ora, che questo sarebbe stato una carta giocata dal sistema ce lo dovevamo aspettare e difatti così è e facciamo una gran fatica ogni giorno per combattere le tante menzogne che vorrebbero le galline e mucche felici di continuare a "regalarci" i loro prodotti; purtuttavia, restando tutti uniti nello smentire questa enorme mistificazione possiamo anche sperare di superarlo; viceversa, se anche noi ci mettiamo ad avallarlo, allora veramente gli animali non hanno più speranza di uscire da quei lugubri capannoni entro cui sono relegati dalla nascita alla morte.

Questa riflessione segue e completa (per il momento!) il mio commento scritto ieri in risposta a questo articolo di Animal Equality, il quale, sfortunatamente, ha trovato sostegno anche in diversi (confusi!) animalisti o sedicenti tali; il commento, pubblicato sulla loro pagina FB e sulla mia pagina personale, è questo: 
Non concordo con questa presa di posizione decisamente welfarista di Animal Equality. 
Purtroppo l'abolizione delle gabbie non allevierà di un bel nulla la sofferenza di migliaia di galline che continueranno a essere comunque sfruttate e uccise quando la produzione di uova calerà, senza considerare il numero, altrettanto esorbitante, di pulcini maschi uccisi in maniere terrificanti.
Qui siamo al paradosso dell'allevamento felice e delle uova cruelty-free. Nell'articolo, oltretutto, non si fa minimamente accenno al fatto che si potrà parlare di un ragguardevole successo solo quando nessuno considererà più le galline al pari di macchine da sfruttare.
Mi spiace tanto leggere un articolo così sul sito ufficiale di un'associazione che ho sempre stimato e difeso e che solo qualche anno fa aveva portato in Italia attivisti come Chris DeRose o teorici come Melanie Joy, che ha raggiunto risultati importanti mostrando nei grandi media ufficiali il risultato di indagine investigative dentro i macelli e allevamenti e che continua a fare un ottimo lavoro portando nelle piazze un apparecchio che mostra l'orribile realtà di questi luoghi. Sì, probabilmente stare in gabbiette minuscole sarà sicuramente peggiore, questo non lo nego, ma peggiore rispetto a cosa? A stare comunque in ambienti sovraffollati, chiusi, perennemente esposti alla luce solare e a essere comunque sfruttate e uccise. In questo articolo ogni frase grida vendetta e anche la foto della gallina libera sul prato verde è mistificatoria. Poi ho notato che furbescamente, a voler fare l'analisi del testo sul piano semantico, ricorrete spesso al termine "abolizione", così da suggerire l'idea, nel lettore frettoloso, che si stia comunque parlando di abolizione. Mentre se ne parla solo relativamente alle gabbie.
Inoltre, ma non avevate fatto proprio voi un'investigazione che mostrava quanto le galline ovaiole negli allevamenti cosiddetti "bio" fossero comunque schiavizzate e provassero enormi sofferenze? Come potete scrivere che questo fatto allevierà la loro sofferenza? E vi rendete conto di quanti saranno coloro che non vedranno l'ora di poter impunemente continuare a comprare uova di galline allevate a terra sentendo di essere a posto con la coscienza perché, se lo dice anche un'associazione animalista come AE allora va bene? Io capisco la strategia dei piccoli passi, ma condotta comunque nell'ambito di una politica abolizionista e non solo riduzionista della sofferenza come state dichiarando adesso, ma di certo non capisco l'inganno a livello comunicativo quando esultate per questo che non è affatto un traguardo e dite che finalmente le galline non soffriranno più. Da vostra ammiratrice (ho partecipato con gioia a tante vostre manifestazioni) mi sento veramente tradita e delusa. Siete un'associazione molto seguita e come tale avete una responsabilità molto grande. State comunicando che mangiare uova di galline allevate a terra sia un bel traguardo. E, come volevasi dimostrare, leggo i primi commenti entusiasti: "Da tempo non compro le uova di galline allevate in gabbia. Se questa abitudine civile si diffondesse, i consumatori contribuirebbero a far calare le vendite di uova da galline allevate in gabbia e a far aumentare i consumi di quelle allevate a terra". Che bello, aumenteranno i consumi di uova di galline allevate a terra!"

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